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Tonino sbraca: "Berlusconi sembra Muammar"

Di Pietro alla Camera: "Governo italiano come quello libico". Fini lo riprende, maggioranza lascia l'Aula

Andrea Tempestini
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Entra Antonio Di Pietro, esce il Governo. A fare da cornice alla particolare staffeta l'Aula della Camera, riunita per le dichiarazioni di voto finali sul Milleproroghe. Gianfranco Fini, presidente di Montecitorio, stigmatizza la scelta dell'esecutivo: "La presidenza", così il leader futurista, "si astiene dal commentare, ma l'episodio non è di quelli che possono scivolare via così. Poi Tonino si è apprestato a tenere comunque il suo intervento. Così rientra in scena Gianfranco: "No, onorevole Di Pietro, non può proseguire", ha aggiunto con durezza. "La seduta è sospesa fino a quando il governo non sarà presente in Aula". "BERLUSCONI COME GHEDDAFI" - Ma la maggioranza ci aveva visto lungo. Meglio non ascoltarlo. L'ultrà dell'Idv non si è azzittito nonostante la seduta fosse stata sospesa. E via alla speculazione, alla stregua di quanto ha fatto Rosy Bindi: "Al primo posto dobbiamo mettere il dovere morale di liberarci del governo Berlusconi al più presto perché ha tutte le sembianze del governo libico. Questo signore non si dimetterà mai. Si può solo chiedere ai cittadini di mandarlo a casa, con manifestazioni di piazza e chiedendo che il giorno del ballottaggio si voti anche per il Parlamento. Non andate al mare, liberatevi". Questa l'accusa lanciata da Tonino. "Non crediamo in questo presidente del Consiglio", ha aggiunto, "che invece di fare leggi per gli italiani si vuole occupare delle sue leggi. Il processo breve", ripete Di Pietro come un disco rotto, "lo dovrebbe chiamare prescrizione breve". Accuse pesanti, che nemmeno l'altro nemico giurato di Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, può tollerare. "Non può essere consentito in quest'Aula di paragonare un governo democraticamente eletto, per quanto possa essere avversato, a una feroce e spietata dittatura come quella del Colonnello Gheddafi", ha sottolineato il presidente della Camera. "Soprattutto in giornate come queste credo che, comprendendo la passione politica, utilizzare termini corrispondenti alla realtà sia un dovere di tutti", ha poi rafforzato la considerazione. "MILLEPROROGHE FA RABBRIVIDIRE" - Tonino l'ultrà, per non farsi mancare nulla, si è poi scagliato contro la presunta compravendita di parlamentari. "Come si fa a dare fiducia a un Presidente del Consiglio che ordina di andare a comprare i parlamentari? Questo è un comportamento che dovrebbe comportare una sanzione politica di immoralità, e se questo non è un reato nell'attività parlamentare è solo perché l'Italia non ha ancora ratificato la Ue sulla corruzione". In Aula, però, in teoria si parlava del Milleproroghe. Di Pietro se n'è ricordato solo all'ultimo, per sfogare un'ulteriore dose di rancore. "Capisco che quando parla uno dell'Idv nessuno lo vuole ascoltare", ha dichiarato riferendosi all'uscita della maggioranza dall'Aula, "ma noi voteremo 'no' alla fiducia per questioni di metodo e di mertio. E' un provvedimento che noi contestiamo, questo decreto fa rabbrividire". Tutto secondo copione.

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