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Scuola, Pd e Fli uniti nell'attacco al Cavaliere

Bufera sulle parole di Berlusconi sull'istruzione. Bersani, Bindi e Granata si infuriano, ma il Premier: "Polemiche infondate"

domenico d'alessandro
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Riesplode la polemica sulla scuola pubblica. Ma questa volta si discute sulle parole che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha pronunciato nel corso del suo intervento di sabato al congresso dei Cristiano riformisti: "Educare i figli liberamente vuol dire non essere costretti a mandarli in una scuola di Stato dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell'ambito della loro famiglia", aveva detto sabato il Premier. L'opposizione ha subito gridato allo scandalo, con il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani a guidare il gruppo degli infuriati: "La scuola pubblica è nel cuore degli italiani. Da Berlusconi è giunto uno schiaffo inaccettabile", ha tuonato prima di ripetere la solita richiesta di dimissioni da parte del Cav. "La prosecuzione del governo Berlusconi non è una questione numerica. E' una gigantesca questione morale attinente all'etica pubblica che lo investe in pieno e lui dissimula questa situazione, e peraltro, non passa giorno senza uno scivolone. Il suo attacco di ieri alla scuola pubblica italiana credo sia qualcosa di gravissimo e inqualificabile", ha detto Fabio Granata, capo della segreteria politica di Fli, sempre più all'opposizione. Infuriati anche alcuni esponenti dei sindacati della scuola. Quindi è intervenuta anche Rosy Bindi, secondo cui "Berlusconi non conosce il significato della parola 'libertà' che infatti scambia sempre con la parola 'arbitrio', come dimostra la sua costante insofferenza per la legge che cerca sempre di aggirare o di piegare a tutelare i suoi interessi. Nè sa cosa significhi 'libertà d'insegnamento', avendo dato  prova di indifferenza per il valore della cultura e disprezzo per il pluralismo delle idee". Per gettare acqua sul fuoco è scesa in campo anche Mariastella Gelmini, ministro dell'Istruzione: "Il pensiero di chi vuol leggere nelle parole del premier un attacco alla scuola pubblica - ha affermato la titolare del Dicastero d viale Trastevere - è figlio della erronea contrapposizione tra scuola Statale e scuola Paritaria. Per noi, e secondo quanto afferma la Costituzione italiana la scuola può essere sia Statale, sia Paritaria. In entrambi i casi è un'istituzione pubblica, cioè al servizio dei cittadini". Berlusconi ha poi chiuso la vicenda con una nota diffusa, nel pomeriggio di domenica, da Palazzo Chigi. "Come al solito, anche le parole che ho pronunciato sulla scuola pubblica sono state travisate e rovesciate da una sinistra alla ricerca, pressochè ogni giorno e su ogni questione possibile, di polemiche infondate, strumentali e pretestuose - si legge - Desidero perciò chiarire nuovamente, senza possibilità di essere frainteso, la mia posizione sulla scuola. Il mio governo - spiega il Premier - ha avviato una profonda e storica riforma della scuola e dell'Università, proprio per restituire valore alla scuola pubblica e dignità a tutti gli insegnanti che svolgono un ruolo fondamentale nell'educazione dei nostri figli in cambio di stipendi ancora oggi assolutamente inadeguati. Questo non significa - sottolinea - non poter ricordare e denunciare l'influenza deleteria che nella scuola pubblica hanno avuto e hanno ancora oggi culture politiche, ideologie e interpretazioni della storia che non rispettano la verità e al tempo stesso espropriano la famiglia dalla funzione naturale di partecipare all'educazione dei figli". Quelle di Berlusconi, dunque, non sono da interpretare come "un attacco alla scuola pubblica - recita il comunicato - ma al contrario come un richiamo al valore fondamentale della scuola pubblica, che presuppone libertà d'insegnamento ma anche ripudio dell'indottrinamento politico e ideologico".

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