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L'erede di Croce accusa: "Saviano copia e male"

Marta Herling, nipote del filosofo: "Nel suo nuovo libro falsit su mio nonno"

Giulio Bucchi
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Sulla quarta di copertina dell'ultimo libro di Roberto Saviano campeggia una frase che sa di monito: «Raccontare come stanno le cose vuol dire non subirle». Stavolta, però, l'autore di Gomorra le cose le ha raccontate non esattamente come stanno. E lo ha fatto proprio in quel libro, pubblicato da Feltrinelli e intitolato Vieni via con me, come l'omonima trasmissione realizzata assieme a Fabio Fazio. Lo sostiene Marta Herling, segretario generale dell'Istituto italiano per gli studi storici di Napoli ideato da Benedetto Croce, del quale la Herling è nipote. Come ha spiegato a Libero la signora, Roberto ha inserito in quel libro una vicenda riguardante il filosofo napoletano. Una storia falsa, ripete la Herling, ripresa da internet senza verificare la fonte. Ma andiamo con ordine. In prima serata su Rai3, nel corso del suo programma, Saviano recitava lunghi monologhi che sono diventati altrettanti capitoli del nuovo libro. Uno di questi, «Il terremoto a L'Aquila», ha fatto arrabbiare la Herling, la quale nei giorni scorsi ha spedito una lettera al Corriere del Mezzogiorno (ripresa  da Libero) spiegando che Saviano ha scritto falsità. Nell'incipit del monologo dedicato all'Aquila, infatti, lo scrittore riporta questa vicenda: «Nel luglio del 1883», racconta, «il filosofo Benedetto Croce si trovava in vacanza con la famiglia a Casamicciola, a Ischia. Era un ragazzo di 17 anni. Era a tavola per la cena con la mamma, la sorella e il padre. A un tratto, come alleggerito, vide suo padre ondeggiare e subito sprofondare sul pavimento, mentre sua sorella schizzava in alto verso il tetto. Terrorizzato, cercò con lo sguardo la madre e la raggiunse sul balcone, da cui insieme precipitarono. Svenne e rimase sepolto fino al collo nelle macerie. Per molte ore il padre gli parlò, prima di spegnersi. Gli disse: “Offri centomila lire a chi ti salva”. Benedetto sarà l'unico superstite della sua famiglia massacrata dal terremoto». Il problema è che, secondo Marta Herling, trattasi di balla. «Da dove l'autore di Gomorra ha tratto la ricostruzione di quella tragedia?», si chiede la signora. «Dalla sua mente di profeta del passato e del futuro, di scrittore la cui celebrità meritata con la sua opera prima, è stata trascinata dall'onda mediatica e del mercato editoriale, al quale è concesso di non verificare la corrispondenza fra le parole e fatti, o come insegnano gli storici, fra il racconto, la narrazione degli eventi, e le fonti». La nipote di Croce afferma che la scena del terremoto si è svolta in modo molto diverso, come testimoniato dal filosofo stesso nel libro Memorie della mia vita. La studiosa aggiunge: «Fra tutti i particolari che riporta Saviano, e che non corrispondono alla testimonianza di Croce, uno colpisce: non solo perché inventato dallo scrittore (licenza inaccettabile quando si parla di fatti realmente accaduti), ma improponibile in sé». Si tratta della scena in cui il padre, sepolto dalle macerie, dice al giovane Benedetto di offrire centomila lire a chi l'avrebbe salvato. Scrive nella sua lettera la Herling: «Il messaggio che Saviano ci vuole comunicare è: “mazzette” allora per i terremoti, “mazzette” oggi, la storia si ripete e soprattutto si perpetuano i grandi mali del nostro Mezzogiorno, mali atavici dai quali non può essere immune nessuno di noi, che abitiamo queste terre e abbiamo vissuto i loro terremoti - ultimi quelli dell'Irpinia del 1980 e dell'Abruzzo del 2009 - proprio perché non ne sarebbe stato immune, anche se inconsapevolmente per la necessità imposta dalla tragedia, uno dei loro più illustri figli». Poi conclude: «Caro Saviano, mi dispiace, c'è anche chi non offre e non riceve “le mance e le mazzette”: questa è mistificazione della storia e della memoria». Ma dove l'ha pescata, Roberto, la questione delle centomila lire? L'ha semplicemente trovata su Internet, ricopiandola in bell'italiano. Lo conferma a Libero la Herling: «Quella vicenda si trova su un sito web, non è provata, non trova riscontri da nessuna parte. Qualcuno l'ha citata anche in passato, ma è sempre stata contestata. Saviano l'ha utilizzata come fonte, ma io mi domando: internet può essere una fonte affidabile? Forse Saviano avrebbe fatto meglio a verificare, andandosi a leggere le biografie di Croce e controllando quello che scrisse Benedetto in persona». Siamo andati a vedere che dice il web. Digitando su Google le parole «Benedetto Croce terremoto», il primo risultato è il sito www.cronologia.leonardo.it, che riassume per sommi capi gli eventi salienti della storia italiana. Una sorta di bigino computerizzato, dove si racconta l'aneddoto dei soldi. Viene fatto risalire a una intervista concessa da Croce a Ugo Pirro per il giornale Oggi del 13 aprile 1950. Troviamo questa citazione: «Benedetto era sepolto fino al collo nelle pietre, aveva però il capo fuori di esse. Il giovinetto fu estratto dalle rovine verso mezzogiorno, poco prima che il padre avesse cessato di parlare. Si racconta che con gran senso pratico dicesse al figlio “offri centomila lire a chi ti salva”». Capita consultando la Rete: si può incappare in falsità. E non succede soltanto a noi semplici cronistuccoli, ma anche ai grandi maestri di giornalismo. Successe a Corrado Augias, illustre collega di Saviano a Repubblica. Nel libro Disputa su Dio e dintorni, scritto a quattro mani con Vito Mancuso, il prestigioso editorialista si attribuì un lungo brano frutto, in realtà, della penna dello studioso Edward O. Wilson e contenuto in un testo uscito per Adelphi anni prima. Parlando con Libero, Augias si difese così: ho preso da internet, non mi è stato possibile verificare la fonte. Certo, il caso di Saviano è un po' diverso: lui non ha fatto copia e incolla. In ogni caso, fino a ieri non ha contattato la signora Herling per chiarire o scusarsi. Lei, Marta, oltre che nipote di Croce, è figlia di Gustaw Herling, il grande scrittore polacco autore di Un mondo a parte, capolavoro che racconta l'orrore dei campi di prigionia in Unione Sovietica. Un autore molto amato da Saviano. Marta conclude con un pensiero rivolto a lui: «Se Saviano ha letto le opere di mio padre, dovrebbe aver compreso che le parole sono importanti, sono un po' come il sangue. Non vanno utilizzate a sproposito». di Francesco Borgonovo

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