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Yemen, Saleh non molla: "Il popolo è ancora con me"

Tensione alle stelle nel Paese: numerose defezioni nell'esercito, carri armati del regime per le strade di Sanàa

Federica Lazzarini
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Tensione alle stelle in Yemen, dove carri armati del regime sono scesi nelle strade di Sanàa per reprimere le proteste di piazza che da settimane infiammano il sud della penisola araba. Il pugno di ferro segue le inaspettate dimissioni di uno dei massimi vertici delle forze armate, capo delle truppe di terra dell'esercito yemenita, il generale Ali Muhsin al-Ahmar. Il generale è passato lunedì ufficialmente con i manifestanti, che chiedono le  dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh. Lo ha annunciato la tv araba Al-Jazeera, secondo la quale i soldati del primo battaglione dell'esercito guidato da Muhsin sono stati dispiegati intorno a piazza del Cambiamento per difendere i manifestanti in sit-in da settimane per chiedere le dimissioni del capo di stato. DEFEZIONI - Quella del generale Ali Muhsin al-Ahmar non è stata l'unica defezione eccellente dal regime yemenita. Il governatore di Aden, la seconda città del Paese, si è dimesso per passare con i ribelli. Poco prima anche l'ambasciatore a Damasco, Abdel-Wahhab Tawaf, aveva lasciato per protesta contro il massacro di manifestanti avvenuto venerdì scorso, quando le forze di sicurezza avevano ucciso 52 persone. Anche tra gli alti ranghi dell'esercito, alcuni alti ufficiali si sono schierati contro il presidente Ali Abdullah Saleh, da settimane bersaglio di proteste. Altri due generali, di cui fonora non si conoscono i nomi, si sono uniti ai rovoltosi. IL PRESIDENTE NON MOLLA - Da parte di Saleh, però, non emerge alcuna volontà di arrendersi e di accontentare le richieste della piazza. Il Presidente promesso di "resistere" al suo posto poichè la "maggioranza del popolo è con me". Saleh si è rivolto all'Arabia Saudita per ottenere aiuto, chiedendo alle autorità di Riad di mediare nella crisi che sta scuotendo il Paese. "Siamo ancora qui - ha detto il leader - la grande maggioranza della gente è dalla parte della sicurezza, della stabilità e della Costituzione. Coloro che vogliono il caos, la violenza, l'odio e il sabotaggio sono solo una minoranza". SCONTRI - Intanto nel nord del Paese sono morte 20 persone in seguito a violenti scontri tra l'esercito e i ribelli sciiti zaiditi, che ieri si sono affrontati per diverse ore per ottenere il controllo di una postazione strategica nella provincia settentrionale di Al-Jawf. Dopo la strage di oltre 50 dimostranti avvenuta venerdì scorso, il segretario dell'Onu, Ban Ki-moon, ha condannato l'uso della violenza contro la folla. Intanto per le strade di Sanàa sfilano i carri armati del regime. LA COMUNITA' INTERNAZIONALE - Da tutto il mondo giungono reazioni a quanto sta accadendo in questi giorni a Sanàa e in tutto lo Yemen. Il ministro degli Esteri francese Alain Juppe ha detto che Saleh è di fronte a una "inevitabile" cessione del potere: "Oggi dobbiamo aiutare coloro che vogliono far fare passi in avanti ai diritti umani e costruire la democrazia - ha detto Juppe - Questo è vero per tutti i Paesi. Diciamo allo Yemen che la situazione si sta deteriorando, il regime deve tenerne conto. Oggi appare evidente che la partenza del presidente Saleh è inevitabile". Cinque ambasciatori dello Yemen in Europa (quelli per le sedi diplomatiche di Parigi, Bruxelles, Ginevra, Berlino e Londra), intanto, hanno scritto al presidente chiedendogli di dimettersi "per evitare un bagno di sangue".

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