"Così i fascisti hanno rovinato pure Marte"
Pianeta bolscevico. Da Guzzanti a Chavez: così il capitalismo ha mandato in vacca il pianeta rosso / BORGONOVO
«Fascisti su Marte rosso pianeta bolscevico e traditor/ fascisti su Marte, con un moschetto e un menefrego dentro al cuor...» Cantando questa canzoncina, Corrado Guzzanti ci ha tratto in errore. Pensavamo che il suo Fascisti su Marte fosse una satira, una irresistibile collezione di sketch comici. E invece, grazie al caudillo del Venezuela Hugo Chávez, apprendiamo che le scenette mandate in onda da RaiTre nei primi anni Duemila erano in realtà documentari. Ieri - in un discorso celebrativo della Giornata mondiale dell'acqua - Chávez ha spiegato che Marte, attualmente inospitale per qualsivoglia forma di vita, un tempo accoglieva invece una fiorente civiltà. Poi però sono arrivati i padroni, i capitalisti e i fascisti (che nell'immaginario della sinistra radicale coincidono), e hanno mandato tutto in vacca. Risultato: il Pianeta Rosso è per sempre rovinato.Questa la dichiarazione del presidente venezuelano: «Ho sempre detto che non sarebbe strano se ci fosse stata la civiltà su Marte, ma il capitalismo è arrivato lì, è arrivato l'imperialismo ed ha ucciso il pianeta». Più che di alieni, qui si tratta di un alienato. Persuaso che davvero, come cantava Guzzanti, un manipolo di astronauti in scafandro nero sia partito per lo spazio su «un prototipo di missile tedesco», con «sei gallette cadauno come desco» allo scopo di intimare alla marziana: «Le verdi antenne al nostro Duce piegherai». C'è poco da scherzare, tuttavia. Perché l'argomentazione del caudillo si basa sulla convinzione che il libero mercato stia devastando anche il nostro, di pianeta. «Attenzione!», ha ammonito. «Qui sul pianeta Terra, dove centinaia di anni fa, ma anche meno, c'erano grandi foreste, ora ci sono deserti. Dove c'erano i fiumi, ci sono deserti». L'intemerata ha un sapore celentanesco: dove c'era l'erba ora c'è... un cratere brullo. Non a caso citiamo il Molleggiato. Nei giorni scorsi, infatti, dopo lo tsunami che ha devastato il Giappone, Adriano Celentano ha scritto uno dei suoi soliti articoli sul Corriere della Sera contro «la trappola radioattiva». Un fulgido esempio di catastrofismo da pane e salame, in cui il mercato, i progressi della scienza e dell'economia sono dipinti a tinte fosche, quasi demoniache. Chávez e Celentano, badate bene, non sono i soli a sostenere tesi del genere. Le quali si annodano tutte attorno al medesimo nocciolo: esiste una sorta di idilliaco stato di natura, che alla comparsa dei “fascisti” (costruttori, industriali, imprenditori, generici servi del Capitale internazionale) viene irrimediabilmente pervertito. Il suddetto stato di natura, come ovvio , assomiglia moltissimo a una società comunista o comunque socialistoide. La stessa che ha in mente Chávez (e, con le debite differenze, forse anche Celentano, il quale alla comparsa di Silvio Berlusconi ha svoltato decisamente a sinistra). Queste argomentazioni le ha condensate benissimo, in un libro pubblicato dal prestigioso editore Bruno Mondadori, Felice Cimatti. Professore di Filosofia del linguaggio all'Università della Calabria, il fine intellettuale ha spiegato nel saggio Naturalmente comunisti che l'uomo e “per natura” portato a vivere secondo i dettami del marxismo-leninismo, in un universo senza proprietà privata. Secondo Cimatti, il capitalismo è una sorta di virus, una malattia contagiosa di cui gli economisti sono portatori sani dediti a impestare tutte le nazioni: un vero cancro dell'umanità. Tutto ciò che è contrario al sistema socialista, dunque, è non solo innaturale, ma pure dannosissimo per la specie oltre che per la Terra. Violento ergo fascista. Se in Chávez idee di tal fatta sono patologiche, se in Cimatti sono poco più che folkloristiche e in Celentano a tratti patetiche, in altri casi pencolano fra il preoccupante e il ridicolo. L'innaturalità del capitalismo è percepita come tale anche da molti sinceri democratici nostrani che costituiscono il fronte antiberlusconiano. Su Repubblica, per esempio, Giovanni Valentini spiegò che se si verificano disastri in conseguenza di piogge abbondanti, la colpa è del governo di centrodestra che disprezza l'ambiente e propaganda una folle ideologia sviluppista avversa al nostro reale benessere. Quell'editoriale rimane epocale, se non altro perché ha concesso una volta per tutte dignità giornalistica al celebre e antico motto «Piove, governo ladro!».Di meglio fece solo Giovanna Ricoveri (un nome, un programma) su MicroMega, spiegando che il centrodestra italiano «ha provocato effetti disastrosi da molti punti di vista: la salute, la fertilità dei suoli, la sicurezza alimentare, il riscaldamento climatico, le frane e le alluvioni. Oltre a distruggere il nostro ecosistema, ha un costo economico e sociale enorme che ricade soprattutto sui soggetti più deboli». Più o meno è ciò che raccontavano i Wu Ming, collettivo maoista di scrittori senza volto, nel romanzo Previsioni del tempo uscito qualche anno fa per le Edizioni Ambiente vicine a Legambiente. La trama era semplice: dal cielo al posto di acqua cade sterco? La colpa è del Capitale! Cioè dei padroni, dei soliti fascisti. Per lorsignori, andando avanti di questo passo, faremo la fine dei marziani di Chávez: il mercato ci ucciderà. Il ragionamento del caudillo, per quanto suggestivo, viene però smentito dai fatti. Marte è disabitato perché rosso. Se qualche forma di vita c'era, una volta annusate le tendenze comuniste della casa, si è dileguata a razzo. O ad astronave, fate voi. Di Francesco Borgonovo