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Lampedusa, l'ora della rivolta dei migranti tunisini

Partiti i trasferimenti su navi e aerei, clandestini manifestano per paura rimpatrio. Sciopero fame e sete. Sull'isola 3.731 irregolari

Giulio Bucchi
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A Lampedusa prosegue l'operazione-evacuazione. Sull'isola sono 3.731 i migranti rimasti dopo che la nave Catania della Grimaldi è salpata dal molo di Cala Pisana con 600 migranti a bordo, diretta a Taranto. All'alba era partita, sempre con la stessa destinazione, la Excelsior della Grandi Navi Veloci con a bordo 1.716 persone. Intanto, alla fonda davanti al porto di Lampedusa ci sono altre 3 navi: la Clodia, la Waitling Street e la nave militare San Marco. Tra poco la Clodia dovrebbe attraccare al molo di Cala Pisana per iniziare l'imbarco di altre 500 persone. Circa 600 stranieri arriveranno a Manduria, vicino Taranto. Oltre alle tratte marittime, saranno due i ponti aerei che oggi trasferiranno quasi 200 immigrati tunisini da Lampedusa in altri centri di accoglienza italiani. In un primo momento erano previsti per giovedì sei voli. I trasferimenti hanno spaventato i migranti, che nel pomeriggio di giovedì hanno inscenato una manifestazione per il timore di essere trasferiti. BERLUSCONI: "5000 TUNISINI DA RIMPATRIARE" - Poco dopo l'inizio dell'evacuazione, il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha parlato anche della possibilità di rimpatri: "La Tunisia non rispetta gli accordi. Ci sono 5 mila cittadini tunisini che non sono  accettabili da parte dell'Italia e devono tornare nel paese natale". D'accordo il ministro dell'Interno Roberto Maroni, secondo cui l'emergenza immigrati si risolve "solo se e quando la Tunisia blocca le sue coste e si riprende i clandestini che sono usciti, confido che le autorità tunisine rispettino gli accordi. Il che al momento non è avvenuto". Maroni ha aggiunto di aver chiesto "a Berlusconi di sollecitare il primo ministro tunisino, se necessario andando anche a Tunisi".   Secondo l'Ue per procedere al rimpatrio degli immigrati clandestini è necessario l'accordo con i Paesi d'origine. PROTESTA MIGRANTI - Le rassicuarzioni Ue non sono bastate a tranquillizzare i migranti rimasti a Lampedusa, fra i quali questo pomerigio si è diffuso il timore di essere rimpatriati. Nell'area del porto vecchio di Lampedusa, è scoppiata una protesta: i tunisini, un paio di centinaia, si sono seduti per terra sul molo per l'imbarco degli aliscafi, dove sono accorsi alcuni mediatori culturali per cercare di convincerli che non c'è nessun programma immediato per il loro rimpatrio, ma soltanto per il loro trasferimento in strutture di accoglienza fuori da Lampedusa. La protesta è stata pacifica, dopo alcuni attimi di tensione con un lancio di oggetti contro la tenda della Croce Rossa. I tunisini hanno infatti deciso di manifestare pacificamente attuando uno sciopero della fame e della sete per protestare contro il possibile rimpatrio le condizioni "disumane" in cui sono costretti a vivere sull'isola. "Non ci laviamo da dieci giorni - dicono - e dormiamo a terra al freddo". A parlare con loro è il commissario di Polizia Corrado Empoli, diventato punto di riferimento per migliaia di tunisini. Quello che i migranti chiedono, è di lasciare subito Lampedusa, ma non vogliono tornare in Tunisia. DRAMMA IN ACQUE LIBICHE - Undici morti, tra cui un bambino: sarebbe questo il bilancio, ancora non confermato, dell'ennesima tragedia nel canale di Sicilia, dove nella notte tra martedì e mercoledì è affondato un gommone con a bordo, a quanto pare, 35 persone. Nella notte sono sbarcati a Lampedusa cinque migranti superstiti, avvistati e soccorsi da una motovedetta della Guardia costiera. Una delle cinque persone è stata trasportata in stato di choc al poliambulatorio di Lampedusa per essere sottoposta ad accertamenti medici. LA TESTIMONIANZA - "Siamo partiti dalla Libia in 35 ma poi la barca è affondata e molti compagni sono morti", racconta Mohamed, il ragazzo ricoverato. "Molti di loro - riferisce il medico - sono riusciti ad aggrapparsi per un giorno e una notte alla chiglia della barca". La nave partita dalla Libia trasportava immigrati provenienti dall'area subsahariana. La Guardia costiera, però, ha dei dubbi sulla ricostruzione dell'incidente: al momento infatti non risulta alcun affondamento di natanti nel Canale di Sicilia nelle ultime 48 ore. Secondo fonti della Capitaneria, l'incidente sarebbe accaduto in acque internazionali, forse libiche, e a testimoniarlo sarebbe la segnalazione arrivata da uno dei due pescherecci egiziani che per primi hanno soccorso i naufraghi. ACQUE TUNISINE - L'emergenza immigrazione intanto non si ferma. Un barcone con a bordo circa 300 clandestini che stava imbarcando acqua ed era a rischio di naufragare è stato soccorso a largo di Sfax da unità navali della Guardia costiera e dell'Esercito tunisini. Secondo la Tap, il natante proveniva dalla Libia. A bordo c'erano persone che, in maggioranza, hanno detto di provenire dal Bangladesh, dalla Somalia, e dal Sudan. I clandestini sono stati soccorsi e rifocillati, prima di essere trasferiti nel campo di Ras Jedir per essere rimpatriati.

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