Ruby, l'Aula è con Silvio: "Conflitto attribuzione"
Approvata richiesta Pdl: 314 a 302 alla Camera. Deciderà la Consualta. Di Pietro: "Ordinaria follia". Ghedini: "Alla fine i giudici faranno ciò che vogliono"
C'è il conflitto di attribuzione. La Camera approva con 12 voti di margine la richiesta del Pdl: 314 i voti a favore e 302 quelli contrari. Lo si apprende da fonti parlamentari. Il processo Ruby a carico del premier Silvio Berlusconi deve dunque passare al Tribunale dei Ministri. Comincia con il primo successo una settimana ricca di appuntamenti fondamentali per il premier Silvio Berlusconi e per il futuro del governo, a partire dall'udienza preliminare di mercoledì mattina. Dura la reazione del leader de L'Italia dei Valori Antonio Di Pietro: "Un giorno di ordinaria follia. Il presidente del Consiglio ha scelto Montecitorio per non andare a San Vittore. Oggi gli italiani devono sapere che Berlusconi ha scelto di fare politica per non pagare i suoi guai giudiziari". Durante le dichiarazioni di voto, Rocco Buttiglione aveva addirittura parlato di incompetenza del Parlamento nel merito della questione: "Ci muoviamo in un terreno che è al di fuori della nostra competenza - ha detto il presidente Udc -: la Camera può giudicare se c'è fumus persecutionis, se c'è il dubbio di una interferenza con l'attività del Parlamento, ma non è giudice della giurisdizione". Di parere diverso in merito alla competenza, ma comunque contrario a sollevare il conflitto si è dichiarato anche Giuseppe Consolo di Fli: "A prescindere sulla natura del reato - ha detto - lasciamo alla Camera e non ad altri la decisione sulla qualifica della ministerialità. Noi annunciamo il voto contrario". Approvato il conflitto, la palla passa alla Corte Costituzionale. COME ANDRA' AVANTI - "Alla fine i giudici decideranno come vogliono": così il legale del premier, Niccolò Ghedini, ha sintetizzato l'iter che dovrà affrontare la sollevazione del conflitto d'attribuzione. Vediamo ora più in esteso i passaggi chiavi del percorso. La prima ad intervenire sarà la presidenza della Camera, che incaricherà un legale di redigere il ricorso da presentare alla Corte Costituzionale. Montecitorio è dotata di un'Avvocatura interna, ma sulle questioni di competenza, come quella di oggi, in passato è stato scelto un legale esterno. Così accadde per esempio quando venne sollevato il conflitto sul caso Matteoli, allora ministro dell'Ambiente. Il conflitto, ad ogni modo, non sospende da subito il processo avviato davanti ai magistrati. Una volta sollevata la questione, il giudizio della Consulta si articola in due fasi: in una prima fase i giudici costituzionali sono chiamati a conoscere il ricorso del ricorrente, in camera di consiglio e senza contraddittorio; in secondo luogo, se giudicano ammissibile il ricorso, la Corte dispone la notificazione alle parti che ha individuato e dà un termine al ricorrente perchè ridepositi il ricorso notificato. Per le notifiche in genere il termine è di 60 giorni, 30 o 15 in alcuni casi più urgenti. La Corte dà quindi un ulteriore termine anche alla parte resistente per decidere di costituirsi in giudizio. Se la Consulta dovesse riconoscere il ricorso fondato nel merito, il giudizio penale verrebbe travolto e il procedimento ripartirebbe secondo la legge costituzionale, che prevede l'autorizzazione a procedere, in caso di reato ministeriale.