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Le relazioni pericolose con Prima Linea: il lato oscuro dell'avvocato Pisapia

Quando gli amici mettono in imbarazzo: ecco il clan che flirtava coi terroristi rossi. E ancora lo sostengono / MORIGI

Andrea Tempestini
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Fu un argomento decisivo a permettere nel 1985 l'assoluzione in secondo grado di Giuliano Pisapia dall'accusa di furto. Contrariamente a quanto affermavano alcuni terroristi pentiti di Prima Linea, l'imputato non poteva essere alla riunione operativa in cui alla fine del luglio 1978 si decise di rubare un furgone da utilizzare nel pestaggio del capo del servizio d'ordine del Movimento dei Lavoratori per il Socialismo, Walter Sisti. All'epoca, come certificava suo zio, il medico Carlo Augusto Agnoletto, il nipote si trovava a Santa Margherita Ligure, affetto da un'ulcera. Effettivamente, sebbene quel certificato medico fosse stato considerato di scarsa importanza in occasione della condanna in primo grado da parte della Corte d'Assise, il buen retiro di “Santa” e il clan Agnoletto-Pisapia sono i cardini intorno ai quali si possono approfondire, se non svelare, quasi tutti i misteri dell'antica e attuale militanza del candidato sindaco di Milano. Dal matrimonio dell'ex consigliere comunale monarchico della Milano del dopoguerra, Carlo Augusto Agnoletto con Adelaide Ranci d'Ortigosa, nascono - tanto per dire - Vittorio, che sarà eletto europarlamentare con Rifondazione Comunista, e la psichiatra Maria Giulia Agnoletto, attivista per la causa dei diritti del popolo palestinese. A Santa Margherita trascorre le vacanze nel proprio appartamento Mario Zagari, vicepresidente del Parlamento europeo nel 1979. Sarà fino alla sua morte, avvenuta nel 1996, uno dei principali punti di riferimento politici del clan. Ma l'ambientazione di questo spezzone della storia degli anni di piombo ruota intorno a sei appartamenti per sei fratelli, figli dell'avvocato Giandomenico Pisapia, dotati di numerosi garage sotto i quali correva un'intercapedine, ora inspiegabilmente murata, sulle cui pareti ci si poteva liberamente esprimere a favore della dittatura del proletariato.  È lì in Riviera, non solo durante l'estate ma soprattutto quando l'aria a Milano si faceva irrespirabile per gli scontri fra fazioni e le retate della polizia, che ci si rifugiava per discutere e gettare le basi dell'attività futura del collettivo milanese di via Decembrio. Difficile distinguere fra cugini, amici e compagni, in quelle circostanze. Non si può più nemmeno stabilire con precisione se l'idea di infliggere una punizione esemplare a Sisti fosse davvero un'idea nata dagli ambienti della sinistra extraparlamentare contigui a Prima Linea, come indicano le carte processuali, o fosse invece motivata dal durissimo pestaggio avvenuto ai danni di un ex paracadutista, amico fraterno - benché fosse di destra - di Giuliano Pisapia e del cugino Massimo Trolli, attualmente sindacalista dei bancari del gruppo Intesa Sanpaolo. Di fatto, l'ex parà attualmente fa parte della lunga schiera di sostenitori della campagna elettorale di Pisapia. Come dalla presenza in lista di un gran numero di “amici del mare”, frequentatori assidui degli stabilimenti balneari Flora e Sirena. Tutta una compagnia che da anni si ritrova allegramente nella località ligure, e comprendeva nomi divenuti famosi come quello della segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso. Fra gli anonimi, figurano le candidate della lista Pisapia Tiziana “Titti” Sperandeo e Francesca Archinto, compagna di Camillo Agnoletto, con villa a Portofino. In origine, si trattava di un gruppo di cattolici, il Gs, guidato da don Vanni Padovani. Poi il sacerdote si era spretato per sposare una sua allieva e anche le motivazioni legate alla fede avevano lasciato spazio ad argomenti politico-mondani, vagamente radical-chic. Così come s'impone in un ambiente altolocato, le sedi milanesi della lista Pisapia sono arredate con mobilio di un certo pregio, che si dice messo gentilmente a disposizione dal parentado. È una gara di solidarietà cementata anche da un lutto, il suicidio del più piccolo dei fratelli Pisapia, Giuseppe, trovato morto a ventisette anni sulla scogliera fra Paraggi e Portofino, all'inizio degli anni 1980. Perché il giovane era andato proprio là a spararsi? Probabilmente aveva problemi di droga, ma negli ambienti dell'ultrasinistra, a quei tempi stregati dal mito della lotta armata, si fantasticò addirittura a proposito di un complotto internazionale. Uscirono ipotesi assurde, come la consegna di un carico di armi ai palestinesi, sventata da un blitz israeliano. Nulla però che meritasse un approfondimento d'indagine. Perché non ci possono essere scheletri nell'armadio di Giuliano Pisapia. di Andrea Morigi

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