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Gli ex vertici di PopMilano indagati per truffa ai clienti

Avviso di garanzia a Ponzellini, Chiesa, Dalu e Venturini per il bond convertendo che ha rovinato migliaia di risparmiatori

Andrea Tempestini
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Per la Bpm si mette male. Lo scandalo del convertendo inizia a prendere una brutta piega anche in procura. Il fascicolo aperto alcuni mesi fa contro ignoti è adesso corredato di nomi e cognomi. Il pm di Milano Roberto Pellicano, dopo aver analizzato i verbali redatti dalla Gdf di un centinaio di obbligazionisti del prestito della Banca popolare di Milano, ha iscritto nel registro degli indagati sia l'ex presidente dell'istituto, Massimo Ponzellini, sia i tre ex dirigenti Enzo Chiesa (dg in servizio fino a qualche giorno fa), Fiorenzo Dalu e Ivano Venturini. Per tutti l'accusa è di truffa. Al centro della vicenda c'è l'ormai famigerato prestito convertendo cui la Bpm, nell'estate del 2009, ha pensato di affidarsi per rafforzare i suoi requisiti patrimoniali senza dover ricorrere ai più costosi Tremonti bond. L'affare era succoso. Ma, come si è visto a due anni di distanza, non per i sottoscrittori. Il rendimento offerto dal prestito convertendo (ovvero trasformabile in azioni a partire dal primo gennaio 2010) con scadenza 2013 era del 6,75%. A fronte di un buon guadagno c'era però un livello di rischio elevatissimo ben nascosto dietro la parvenza di una innocua obbligazione bancaria. Secondo quanto emergeva dal prospetto la probabilità di ottenere un rendimento negativo era del 68,5%, con un valore finale dell'investimento stimabile in circa 59 euro rispetto ai 100 originari. Ebbene, le cose sono andate ancora peggio. Anche perché la banca, vista la mala parata, ha deciso di modificare i termini del bond in corso d'opera anticipando la chiusura dell'operazione al 29 dicembre 2011. Risultato: le perdite stimate per gli obbligazionisti vanno dal 70 al 90% del capitale. Il valore dell'investimento si è praticamente azzerato. Il problema è che non si è trattato proprio di un incidente o di un cinico gioco del destino. Prova ne è che gli investitori istituzionali sono rimasti ben alla larga dal bond e che la Bpm per riuscire a collocare almeno 170 milioni di euro, sui 459 previsti, dovette “spingere” il prodotto ai suoi correntisti. Operazione, stando alle indagini di Consob e procura, non sempre avvenuta nella maniera più ortodossa. Lo scorso maggio il garante del mercato, dopo aver riscontrato «condotte illecite di gravità estremamente elevata» nel collocamento, ha sanzionato Dalu, Chiesa e Venturini con multe da 27mila a 175mila euro. Secondo la Consob la banca avrebbe addirittura alzato il profilo di rischio dei clienti per adeguarlo all'operazione e attribuito all'iniziativa dei correntisti soluzioni di investimento promosse o consigliate dalla stessa banca. Sembrano simili le conclusioni a cui è sta arrivando la magistratura. Nei giorni scorsi gli uomini del nucleo di polizia tributaria di Milano hanno ascoltato decine di sottoscrittori che non sapevano neanche cosa fosse il bond. Tra le persone interrogate c'è stato chi, come cliente retail, aveva avuto rassicurazioni sul fatto che l'operazione era sicura e non ad alto rischio. Oltre a colpire gli ex amministratori l'iniziativa della procura si abbatte con forza anche sugli attuali vertici. L'inchiesta in corso rafforza infatti le posizioni di quanti, e sono tanti, nelle ultime settimane hanno avviato cause individuali o collettive di risarcimento alla Bpm. L'istituto ha già fatto sapere di avere allo studio iniziative finalizzate al rimborso. La strada da seguire sarebbe quella messa in atto da Mps con i prodotti a rischio 4you e MyWay, che ha portato ad una serie di transazioni individuali. Resta da vedere se i sottoscrittori, vista anche la situazione, si accontenteranno di qualche spicciolo in tasca e di tante scuse. di Sandro Iacometti twitter@sandroiacometti

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