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Rutelli piange sui contributi Versati da lui

Bechis: Leader Api scarica colpa su Lusi ma sa che i finanziamenti passarono dal partito a cui spettavano a un altro: il suo

Matteo Legnani
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In due ore e più di conferenza stampa sui bilanci colabrodo della Margherita Francesco Rutelli, che ne è ancora il presidente, ne ha detta una sola giusta: che i bilanci dei partiti sono falsi. Certo, è un po' la scoperta dell'acqua calda dopo l'inchiesta giudiziaria su Luigi Lusi, l'uomo dei conti che Rutelli si è portato per una vita appresso. Ma detto da un leader politico che ha passato gran parte della sua vita ad attraversare e fondare partiti, fa sempre una certa impressione. Il gran capo di Margherita e Alleanza per l'Italia (attualmente cumula le cariche) ieri frenava a stento l'ira che qua e là esplodeva nei confronti della stampa, accusata di essere da Libero al Fatto Quotidiano fino all'Espresso in combutta con Lusi contro di lui. Rutelli non ama particolarmente la libertà di stampa: basta che scrivi di lui e ti querela il giorno dopo. Probabilmente è grazie al continuo jogging con i suoi avvocati che si mantiene in forma e sempre abbronzato come appare. Mi querelerà anche oggi (probabilmente insieme ad altri colleghi ieri assai poco soddisfatti delle sue spiegazioni) e con una corsetta in procura  si rifarà della colazione andata per traverso. Ai giornalisti lui rimprovera anche una colpa grave: ma perché mai insistono con domande sulla Margherita, e non le fanno anche agli altri partiti che hanno preso finanziamenti pubblici e non esistono più, come Ds,  Democratici, Partito popolare, Forza Italia, Alleanza Nazionale? A parte querelarli quando gli arriva l'eco della stampa, evidentemente Rutelli i giornali non li legge, perché ad esempio qualche rigo sui bilanci di An e una certa casa a Montecarlo avrebbe dovuto non sfuggirgli. Il caso Margherita e le stesse rivelazioni di Rutelli fatte ieri sono però un'occasione straordinaria per fare luce su come in questo caso e probabilmente in molti altri si fa uso dei denari pubblici presi dalle tasche dei cittadini con la legge truffa sui rimborsi elettorali. Dal caso Margherita abbiamo appreso infatti che non un euro transitato dalle tasche degli italiani a quelle dei partiti e dei suoi leader è stato mai reso davvero pubblico e trasparente. Rutelli ha promesso che si leggerà tutto della loro storia fra qualche mese, con i prossimi bilanci. Ha così ammesso che non si è mai letto un rigo, visto che si tratta di fatti e transazioni assai lontane nel tempo. Anche Matteo Renzi aveva cavalcato qualche giorno fa gli identici slogan: sarà trasparente (forse, perché al momento osterebbe la privacy) ogni euro speso e ricevuto durante la campagna elettorale per diventare sindaco di Firenze. Piccolo particolare: quella campagna si è svolta nel 2009, e ci sono volute le fatture di Lusi pagate a una società fiorentina rivelate da Libero per fare nascere dopo ben tre anni quel desiderio di trasparenza assoluta. Seconda vicenda che arriva da Rutelli: lui nel 2008 si candida a sindaco di Roma. Perde contro Gianni Alemanno. I suoi sostenitori però erano stati generosi, offrendo bei contributi finanziari. Alla fine avanzano 284 mila euro. Che fai? Li restituisci pro quota? Macchè. Li tieni lì. Perché in fondo sono stati versati per finanziare «l'attività politica di Rutelli». A dire il vero finanziavano il possibile sindaco. Comunque, mettiamo sia così. Rutelli dove è che fa attività politica? Nel Pd, che probabilmente avrà anche speso qualcosina anche in uomini e mezzi per la sua campagna elettorale. Li versa lì? No. Li versa a una fondazione che presiede e che dovrebbe occuparsi di ambiente. La fondazione è traversale ai partiti, e c'è dentro molta gente anche del Pdl, il partito che i sostenitori di Rutelli avversavano mentre lo finanziavano. Niente paura: perché dopo un annetto nasce l'Api, e la stessa fondazione che deve avere fra i suoi scopi statutari anche quello di fare la banca di Rutelli, versa quei 284 mila euro al nuovo partito, che ne ha bisogno come il pane. La fondazione-banca deve funzionare a meraviglia, perché in quegli stessi periodi riceve da Lusi, in qualità di tesoriere della Margherita, ben 1.126.000 euro, mai confusi con i 284 mila euro di prima. Naturalmente non c'è un rigo nei bilanci di quel partito che lo dica. E saranno felicissimi i militanti che si tassavano per la Margherita di sapere che i loro soldi andavano a finanziare in segreto una fondazione piena zeppa di parlamentari dell'odiato Pdl. Terza vicenda emersa: Enzo Bianco, che ammette di avere ricevuto da Lusi 600 mila euro dal 2009 ad oggi, sia pure indirettamente: finivano a una società di Catania, la M&S congress posseduta dalla sua assistente e dal di lei fratello. A che servivano i soldi? A pagare gli stipendi di tre collaboratori di Bianco un tempo assunti dalla Margherita. Bene, tutte e tre le vicende ci dicono che in politica i soldi girano vorticosamente secondo i desideri di leader e capetti e senza alcuna rendicontazione e un minimo di regole. Vedremo poi se in tutti questi casi è stata almeno rispettata la legge, dichiarando congiuntamente alla tesoreria del Parlamento tutti i versamenti superiori ai 50 mila euro nell'arco di ogni anno. C'è il caso Lusi, e sull'ipotesi di appropriazione indebita indagano i magistrati. Ma c'è anche tutto questo sommerso fatto di leader che ricevono finanziamenti da partiti morti e leader che non li ricevono, di fondazioni che nascono e non rendono pubblica la loro contabilità, di componenti e correnti che ricevono flussi finanziari in modo opaco, di segreterie e comitati locali assai misteriosi. Il caso Lusi è il caso di un singolo, e aspetteremo i tribunali per questo. Tutto il resto è il cancro della politica, ed è assai più rilevante per la democrazia e il bene pubblico. Ha ragione Rutelli: i bilanci dei partiti sono falsi, e la Margherita eccelle in questo, ma non sarà sicuramente sola. È  il momento di mettere un punto a capo. E c'è un solo modo per farlo: portare via alle forze politiche tutti i soldi che hanno in cassa. Forza, Mario Monti, è davvero necessario un decreto con una patrimoniale vera sui partiti. di Franco Bechis

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