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La partita dell'odio assoluto che non c'entra con il calcio

Domani derby d'Italia tra migliori nemiche del campionato. Da Juliano-Ronaldo a Calciopoli solo ira e strani complotti

Nicoletta Orlandi Posti
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Domani, in serata, c'è quella partita là, quella che la chiamavano derby d'Italia perché Juve e Inter fino al 2006 erano le uniche mai scese in B, poi i bianconeri si son fatti un giro al Purgatorio del pallone e da allora lo chiami ancora derby d'Italia ma solo per banale comodità mediatica. Piaccia o non piaccia quella tra zebre e biscioni e la partita dell'odio, del veleno, del «tu sei più ladro di me», del «sapete solo rubare», dell'«attenti che qui finisce tutto a schifìo». Allo Juventus Stadium c'è chi si gioca lo scudetto (i bianconeri) e chi solo l'onore (i nerazzurri), eppure quando si arriva alla disfida tra Agnelli's e Moratti's la classifica conta nulla e prevalgono ragionamenti machiavellici, presunti complotti, rogne sotterranee, impicci da leggenda metropolitana che a confronto il mistero di Ustica è una storiella col lieto fine.  I tifosi della Signora schierano l'armatura pesante e partono all'attacco con i terribili aneddoti spacca-Inter. I nerazzurri, in ordine sparso, hanno: truccato passaporti (specie quello di Recoba), fatto pedinare Vieri e pure tre o quattro arbitri, unto le ruote di qualche fischietto tipo Nucini cui hanno persino offerto un posto di lavoro, fatto affari con l'allora inibito presidente del Genoa Preziosi, vinto la Champions perché anche gli arbitri internazionali son stati bisunti a dovere, comprato Ibra ma solo perché la Signora era stata presa a mazzate dalla giustizia sportiva. Per non parlare di quelle intercettazioni scomparse perché si sa, le telefonate le gestiva la Telecom e la Telecom era Tronchetti Provera e Tronchetti Provera ha il sangue neroblù. E lo scudetto del 2006? Quello è dell'Inter solo perché certe sozzerie sono andate in prescrizione, e nessuno dice che l'Inter in B c'è andata per davvero, negli Anni 20, ma si è salvata per qualche strano miracolo e tanti altri fatti e fatterelli che a scriverli tutti non basterebbe tutto il giornale. Ma gli interisti mica stanno a guardare, proprio no, e rilanciano con la storia dei designatori Bergamo e Pairetto compagni di merende bianconere, con quella di Moggi che andava in svizzera ma mica per comprare il Toblerone, semmai per smazzare schede telefoniche non rintracciabili, di Agricola che pompava i giocatori tipo canotti al mare, di tesserati che venivano minacciati e altri spediti in Nazionale per decisioni divine, di rigori incredibilmente non assegnati tipo quello capitato a Ronaldo quando fece il frontale contro Iuliano nel 1998, di mercati pallonari controllati da forze oscure che impedivano a Moratti di vincere coppe e scudetti, di tante altre diavolerie indicibili che il calcio non era uno gioco, ma una roba per gente senza scrupoli. Mai uno che dica: «La Juve vinceva perché era la più forte, l'Inter s'è messa a vincere perché è diventata la più forte». No, colpa dei complotti. E il bello è che chi ha letto qua sopra, a prescindere, crede che un elenco di cose sia vero e l'altro completamente falso. Questione di punti di vista... di Fabrizio Biasin

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