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"Ma io non dono un euro"

La polemica su Facebook

Albina Perri
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Quando poi la terra finisce la sua taranta, qui si torna a vivere come viene viene. E allora, donare o non donare? Aiutare è “educativo”? Per noi che oggi non siamo sotto le tende blu, ma domani non si sa, è certo rassicurante sapere che gli italiani sono brava gente, ma forse staremmo più sereni se avessimo la sicurezza di uno Stato organizzato e ricco a sufficienza da far fronte alle emergenze. Meglio contare sull'istituzione, che sulla beneficenza? Di questo da due giorni si dibatte su Facebook, prendendo spunto dallo sfogo di un utente, Giacomo di Girolamo, riproposto da Hermes Agostini sul suo profilo: 6000 commenti in meno di due giorni. Vi riproponiamo ampi stralci dell'fb-pensiero, e aspettiamo anche le vostre opinioni.  “Io mi scuso, ma non donerò nemmeno un soldo per aiutare le vittime del terremoto. So benissimo che in questi giorni le mia parole possono sembrare blasfeme, di solito ci si vanta tanto della propria generosità, senza la riservatezza che questa meriterebbe. La mia decisione però è presa: non chiamerò i numeri che mi scaleranno qualche euro dal mio credito del telefono, non invierò nessun messaggino di beneficenza, nessun bollettino postale né invio di denaro dalla banca. E non posso nemmeno ospitare sfollati, o dare loro un posto dove vivere, e nemmeno manderò abiti smessi. No, io non mando un centesimo. E credo davvero che la mia sia l'azione più civile che un cittadino italiano possa scegliere in questa situazione. Non mando un centesimo ai terremotati perché è questo atteggiamento di carità che fa male all'Italia: l'italiano casinista e approssimativo, che poi però compensa tutto con il suo grande cuore nelle circostanze più drammatiche. Io non ne posso più di un Paese così. Voglio che non si scusi più nessuno, e niente. Come ai tempi del bambino nel pozzo, Alfredino, tutta Italia oggi è lì sul bordo,unita nella speranza e nella preoccupazione. Mettiamo sempre in campo la nostra partecipazione, che è vera e sentita. Però poi restiamo fermi, non succede mai nulla di più. Sono convinto che tutti questi eventi drammatici andrebbero prevenuti, che non ci dovrebbero essere pozzi pericolosi, e chi ne è colpevole deve essere trovato e condannato. E tutto quel che non va deve essere sistemato, rapidamente e come si deve. Io non mando un centesimo, per gli aiuti, perché questo Stato già ci chiede un mare di tasse, e con quello che paghiamo i soldi per questi eventi terribili devono essere già compresi, eccome. I soldi per gestire il momenti di emergenza, e poi per ricostruire le case e tutto il resto. E invece i soldi delle tasse vanno sempre a finire altrove, e ci ritroviamo con le richieste di aiuti a favore della Protezione Civile, a cui invece avremmo già dato quanto necessario e anche di più. Non mi sta bene. Tanta gente prende una pensione da fame. Dalle mie parti un terremoto lo abbiamo avuto, nel Belice, come ci fu poi in Irpinia. E poi l'Umbria, e la scuola dei bambini, ancora in Abruzzo. L'abbiamo mandato sempre, il nostro aiuto in soldi, per tutti questi disastri. Ma non se ne può più, stavolta no. Mandare soldi significherebbe lasciare che tutto vada come è sempre andato. E non si può. A L'Aquila, c'è chi ha scoperto che tante costruzioni erano nate per una funzione ma venivano usate per altro, alberghi diventavano scuole, bastava qualche scartoffia burocratica. Peccato che al terremoto questo non lo hanno detto, e che li usassero senza nessuna norma di sicurezza. Ma questo succede anche qui dalle mie parti, e credo dappertutto. Anche qui da noi un albergo è diventato una scuola superiore, ci studiano più di 500 ragazzi, ma non è adatto a essere una scuola. Non tanto tempo fa, è caduto un soffitto per il vento. E intanto i milioni e milioni delle nostre tasse, invece che in scuole sicure, vanno nell'affitto di un palazzo dove la scuola non potrebbe stare. Andatelo a cercare lì, il mio euro di beneficenza, l'ho già dato, ne ho già dati anche troppi. E no ho viste tante altre, di cose che mi hanno fatto dire che no, il mio euro in più non glielo do. I telegiornali che si sono vantati dei loro grandi ascolti, fatti anche con servizi senza rispetto, a disturbare e angustiare gente già disperata, e in piena emergenza. Il mio Euro è anche nel canone Rai, che vorrei ora mi dessero indietro. E penso anche che questo terremoto, come tutti i precedenti, sarà un grande affare per pochi, che ci speculeranno, che con questi morti e queste macerie hanno vinto al Lotto. E di fronte all'emergenza, alle vittime, la politica nasconderà ancora meglio le proprie schifezze, i propri sprechi. Ma il mio euro in quegli arricchimenti ignobili non ci finirà. La mia è la parola di un italiano che si sente come quella povera gente, ma che non sta zitto, che vuole parlare, stando in piedi su questa terra che ogni tanto ci ricorda che dobbiamo fare i conti con lei". Albina Perri

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