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Milano, rivolta contro il mini-"coprifuoco" per i locali di corso Garibaldi. I gestori: "Fateci lavorare"

Enrico Paoli
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C'è un pezzo di Milano dove la zona bianca non è ancora arrivata. Nell'area compresa tra corso Garibaldi e largo la Foppa, uno dei luoghi preferiti della movida, è ancora in vigore il coprifuoco. Un'ordinanza firmata dal sindaco, Beppe Sala, a seguito di una sentenza del Tar, fissa alle 22 il divieto di asporto di cibo e bevande nel tratto di corso Garibaldi, compreso tra via Moscova e via Marsala e in largo La Foppa, a cui si aggiunge il divieto di usare gli spazi esterni, per qualunque tipo di attività, dalla mezzanotte alle sei, tutti i giorni della settimana. «In pratica un giudice (essendoci di mezzo anche una sentenza del Tar, ndr) ha stabilito come deve funzionare un pezzo di città», spiega Carlo Squeri, segretario de Epam, l'Associazione dei pubblici esercizi di Milano di Confcommercio, «dando ragione ad un condominio, in guerra con il Comune».

Una battaglia, quella fra lo stabile di corso Garibaldi e l'amministrazione comunale, di cui sono gli esercenti della zona, circa 15 locali fra i quali spiccano Radetzky Cafè e Princi, a pagarne le spese. In tutti i sensi. «Fra l'asporto vietato dalle 22 e e lo stop ai servizi al tavolo su suolo pubblico da mezzanotte», spiega Squeri, «il calo di fatturato è notevole». E siccome l'unico vero ristoro per gli esercenti è lavorare, non certo ricevere le mance dallo Stato, il problema è serio. Tanto che, come spiega a Libero Niccolò Iannetti, titolare di Radetsky, «aspettiamo con ansia la pronuncia del Consiglio di Stato, prevista per il 16 luglio. Abbiamo ricevuto l'ordinanza a cose fatte, senza poterci difendere né avere il tempo per trattare con il condominio che ha scatenato la vicenda. Noi siamo disponibili a dialogare, ma lavorare in queste condizioni sta diventando molto complicato. Rischiamo di perdere clientela e fatturato. Senza veder riconosciuti i nostri diritti». E poter lavorare, dopo mesi di chiusura forzata, è un sacrosanto diritto. Lunedì il consiglio direttivo dell'associazione dei commercianti di largo La Foppa e Corso Garibaldi si ritroverà per tirare le somme di questo fine settimana, il primo vero con il coprifuoco solo per loro, in modo da mettere a punto le strategie per aggredire sia l'ordinanza che la sentenza del Tar, giudicate dal condominio «belligerante» con tutti addirittura troppo morbide. In pratica i residenti vorrebbero il deserto dei tartari in quella zona, non certo la movida.

«Sull'asporto siamo sempre stati molto disponibili a trattare», afferma il segretario dell'Epam, «ma sul coprifuoco un po' meno. Quando l'ordinanza e la sentenza del Tar parlano di inquinamento acustico sbagliano, perché le norme vengono rispettate. Per occupare il suolo pubblico ci sono leggi ben precise. È chiaro che il tema in questione è il disturbo della quiete pubblica. E su questo ne discuteremo lunedì. Sui decibel superati tutta la città è fuori norma, basta fare un giro in circonvallazione». Fra le idee sul tavolo la chiusura dei locali, nel fine settimana, fra le una e le due del mattino, l'impiego mirato di steward per regolare il flusso della movida fuori dai locali e limitare l'asporto, per tutti gli esercizi presenti nella zona. Ovviamente esercenti e associazione di categoria hanno già messo a punto la carte per i ricorsi, sia contro l'ordinanza che la pronuncia del Tar.

I commercianti colpiti dal coprifuoco, tarato solo su di loro, temono che l'ordinanza del Comune possa produrre un effetto domino, colpendo anche altre zone della città. «E sarebbe un danno enor me», sostiene Squeri, «fra i nostri associati il malessere inizia ad essere sempre più forte. Giusto tutelare i residenti, laddove vi sono problemi reali, ma non è logico far la guerra a prescindere ai locali». E alla movida in quanto tale. Per far dialogare chi abita nelle zone frequetante dai nottambuli, basterebbe attuare i controlli, con la presenza delle forze dell'ordine, e far rispettare le regole. Esattamente chiedono in tanti, Anpi compresa, per l'area della Loggia dei Mercanti, diventa una terra di nessuno. «Il problema, ormai», chiosa Squeri, «sono i luogi d'incontro in quanto tali. Il disturbo della quiete pubblica, però, non può essere usato per bloccare il commercio». Altrimenti avremo solo l'ennesima guerra per bande. Dopo aver invaso le strade di tavolini, su indicazione dell'amministrazione comunale, adesso scatta l'ora della battaglia alla movida. Con i mini coprifuoco.

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