Beppe Sala in bici con i calzini di Che Guevara: l'ultima sceneggiata

Il sindaco di Milano ha esibito dei calzini con stampate sopra le due immagini più iconiche del fu comandante Che Guevara
di Pietro Senaldimartedì 24 giugno 2025
Beppe Sala in bici con i calzini di Che Guevara: l'ultima sceneggiata
4' di lettura

Quanta strada nei suoi sandali, quanta ne avrà fatta Che Guevara. Il naso triste come una salita, gli occhi allegri da sindaco in gita. Stiamo parlando di Beppe Sala, ciclista per passione, manager per carriera, testimonial per vocazione, primo cittadino di Milano da due lustri per disgrazia dei suoi sudditi. Confesso, ho un sentimento bivalente nei confronti di colui che dal 2016 decide dove posso parcheggiare l’automobile, stringendo sempre più il mio spazio vitale di guidatore urbano. Da una parte, non lo sopporto perché tutte le decisioni che ha preso mi hanno complicato la vita anziché semplificarmela, unica cosa che chiedo a un amministratore locale. Dall’altra, non riesco a non provare un moto di simpatia e umana solidarietà per la giunta di ottusi comunisti con la quale è costretto a lavorare e che si ritiene costretto a compiacere, anche con qualche iniziativa stravagante.

Come quella dello scorso fine settimana, allorquando Beppe Sala in arte Saronni ne ha fatta un’altra delle sue. Si è cimentato in una sgambata in bicicletta di 210 chilometri, da Milano a Zoagli, sua abituale meta vacanziera, 210 chilometri. Complimenti, non saremmo mai in grado di emularlo. A far discutere però non è l’impresa del sindaco sui pedali, bensì quella sui pedalini. L’ex city manager di Letizia Moratti, che da tempo si è trasformato da uomo del fare in uomo immagine, ha esibito dei calzini con stampate sopra le due immagini più iconiche del fu comandante Che Guevara; sul sinistro quella con il basco, sul destro quella con il sigaro. Se voleva celebrare così la settimana della moda, occorre avvisarlo che una scelta più kitsch non poteva farla.

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Hasta la Victoria (Secret’s) siempre, ha scritto di lui il collega Luigi Mascheroni in un ritratto al vetriolo che gli dedicò in un’altra occasione nella quale l’ex bocconiano si rese un po’ ridicolo. Già, perché la fascinazione del sindaco per il rivoluzionario cubano è storia antica e più volte esibita. Nella sua prima campagna elettorale, Sala visitò i quartieri di periferia con tanto di maglietta rossa con la facciona del Che in formato maxi. Camouflage: per farsi votare dalla sinistra, pensò bene di visitare le zone popolari travestito da ragazzo dei centri sociali. Non fu solo un escamotage di bassa lega, tipo i politici che vanno allo stadio con la sciarpa della squadra dei tifosi ai quali chiedono il voto.

In realtà c’è qualcosa di più. Beppe non ha idea di cosa sia la sinistra fuori dalla prima cerchia dei Navigli - questa è la sola attenuante rispetto alla colpa di essercisi alleato - e perciò la scimmiotta goffamente, si agghinda con gadget identitari che un compagno vero non si metterebbe mai, perché per lui Castro, la revolucion, gli yankee maledetti sono una cosa seria non una griffe per il dopolavoro domenicale. Così fashion Sala, con quei calzini da sit-com più che da battaglia nella giungla, anziché un impegnato amministratore di sinistra dà l’impressione a chi di sinistra è davvero di essere un simpatico cazzone, per cui esibire calzini con il Che o con i puffi o con le farfalline in fondo è la stessa cosa, un grande gioco.

Ormai l’ha capito anche chi l’ha votato e, in maggioranza, si è pentito: l’ex dirigente di Pirelli e Telecom è un filo narciso ed esibizionista. Posta sue foto al timone in barca a vela o sulle nevi dell’Engadina per far capire ai radical chic del centro che lui è dei loro; e ci riesce benissimo. Poi veste calzini arcobaleno nel giorno del gay pride e da guerrigliero quando va in montagna, per pedalare e non per combattere s’intende, per far capire che è aperto e interclassista; e questo gli richiede maggiore sforzo. Mai però quanto quello che deve profondere quando gli capita la sventura di essere chiamato a dire la sua in uno dei tanti salotti rossi televisivi e viene sottoposto a una sorta di esame del sangue da chi davvero è un compagno doc, e pertanto non si fa ingannare dall’apparenza.

Lì non bastano dei pedalini o una t-shirt per nascondersi. Quando gli viene chiesto se è d’accordo con Giuseppe Conte su Putin, con Nicola Fratoianni sulle case popolari occupate o con Elly Schlein sull’aumentare le tasse, Sala è solito difendersi spedendo la palla in calcio d’angolo e dichiarandosi un progressista riformista, definizione oggi più nebulosa che attuale. Il Che come dinamo nella bicicletta può farti vincere a Milano, città politicamente superficiale e modaiola, ma non basta a fare proseliti nella sinistra nazionale. Lì per vincere non basta la maglia rosa, bisogna avercela rosso fuoco.

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