I professionisti dell’accoglienza, i sociologi della fuffa e i tromboni dell’inclusione tenteranno un’altra volta di rifilarci le loro favolette. È una grande specialità della sinistra: nel confronto tra realtà sgradevoli e storielle rassicuranti, tra fatti che feriscono e narrazioni che leniscono, i compagni puntano sempre sulla seconda opzione. E quindi, amici lettori, aprite gli ombrelli. Non perché siano previsti temporali, ma per proteggervi dall’ondata di appiccicose bugie che ci faranno piovere addosso. Già da ieri stiamo sentendo e leggendo di tutto: «È stata una fatalità», «Si è trattato di un tragico e imprevedibile caso», «Adesso niente razzismo contro i rom», fino ai grandi classici «Rivolgetevi al governo» ed «È colpa di Meloni-Salvini-Piantedosi». Deve trattarsi di un gigantesco fenomeno di omonimia, di uno scambio di persona. O forse no, giudicate voi.
Perché sono gli stessi lanciatori di balle che – poche settimane fa – sparavano a palle incatenate contro la «deriva securitaria» e le «tendenze fascistoidi» del decreto sicurezza. Sono gli stessi che – in quel provvedimento – ritenevano «razzista» la norma contro le madri che si fanno scudo dei loro figli per commettere e ripetere reati. Sono gli stessi che ci hanno ammorbato per anni parlando di «percezione» del crimine, come se le vittime dei reati fossero tutte allucinate o psicopatiche. Sono gli stessi che, sbuffando annoiati, pontificavano sull’inesistenza di un problema legato ai rom e alle loro condotte illegali («Tutto risolto», spiegavano). E sono sempre gli stessi che – ancora un paio di settimane fa – se la prendevano contro il “cattivismo” di Matteo Salvini per la sua proposta (sacrosanta) relativa all’estensione dell’imputabilità e della punibilità dei minori.
Il figlio di Cecilia De Astis: "Quello di mia madre è un omicidio"
Filippo,il figlio di Cecilia De Astis, la donna falciata e uccisa da un'auto guidata da un ragazzino rom è in...La cronaca di ieri, con una donna morta ammazzata, travolta da un’auto rubata, e – nella parte dei minikiller – una gang di adolescenti ben consapevoli di quello che facevano, si è incaricata di squarciare le ipocrisie e i racconti dei raccoglitori di violette nei prati. La dura realtà è che una parte significativa delle comunità rom non intende integrarsi, fa vivere i propri ragazzini in un contesto in cui la normalità il crimine, in cui fare male agli altri (oltre che derubarli) è ordinaria amministrazione, mentre il papà entra e esce di galera, la madre è perennemente incinta, e il minorenne se la cava per definizione. La novità è che stavolta c’è scappato l’omicidio stradale, con una signora settantunenne finita al cimitero. Ma attenzione: tutti gli altri ingredienti (furto, crimine come “regola”, minorenni che ti ridono in faccia) ci sono tutti i giorni, più volte al giorno, in decine di città italiane. E peraltro, siccome gli italiani non hanno l’anello al naso, hanno capito fin troppo bene che è proprio la sostanziale impunità di quei ragazzini a essere criminogena, cioè a generare altri reati di quel tipo, altre situazioni da cui possono derivare tragedie come quella di ieri. Allo stato attuale, cosa rischiano i mini-criminali? Se proprio gli va male, un giretto in qualche comunità per adolescenti “difficili”, qualche Pater-Ave-Gloria, e il gioco è fatto. Mentre – segnatevelo – basterà un’altra mezza giornata e, come per magia, il dibattito sui giornali e alla tv virerà sul presunto “razzismo” degli italiani. Scommettiamo?