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Sergio Marchionne, Vittorio Feltri: ho capito che era bravo quando litigò coi sindacati

Cristina Agostini
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Quando, parecchi anni fa, Sergio Marchionne prese in mano le redini della moribonda Fiat, fu immediatamente attaccato dai sindacati. I quali gliene dissero di tutti i colori, accusandolo di qualsiasi nefandezza. Allora capii: egli era l' uomo che avrebbe salvato la storica casa automobilistica. Difatti, ciò che non piace alla Cgil e compari fa bene all' industria e all' economia. Questa non è una opinione bensì un assioma. I rappresentanti dei lavoratori sono nemici del mercato da tempi remoti, si impegnano al massimo per rovinare gli opifici e di solito ci riescono benissimo. Hanno contribuito alla distruzione del Paese, riducendolo a un rottame. Leggi anche: Sergio Marchionne, gira una voce dall'ospedale: "Queste sono le sue reali condizioni di salute" Il filosofo Marchionne, abruzzese (i terroni a volte sono dei fenomeni di bravura), ha intuito che, se avesse accettato di battagliare con essi, il colosso torinese già in crisi sarebbe morto calpestato dalla demagogia sindacale. E ha deciso di togliere le tende dall' Italia, trasferendole negli Stati Uniti, allo scopo di rilanciare la produzione di vetture commerciabili. È stato un mago e ha stravinto la partita. La Fiat è decollata e la Camusso ha gestito con i suoi tribuni del popolazzo un fallimento totale. In sintesi, le cose sono queste. Grazie a Sergio, gli Agnelli hanno delocalizzato i propri affari. Qui, dalle nostre parti, hanno lasciato alcuni stabilimenti minori. La loro presenza in patria è ormai simbolica, non incide assai sul fatturato aziendale. Conviene ricordare che Marchionne, a differenza dei predecessori, non ha sfruttato finanziamenti statali a fondo perduto. Ha sgobbato in proprio con risultati sorprendenti ottenuti specialmente negli Usa. Non deve ringraziare nessuno tranne se stesso. Purtroppo sappiamo quali sono i motivi che lo hanno indotto a dimettersi, benché trascuriamo i pettegolezzi che girano sulla sua salute. Ci limitiamo ad applaudirlo per quanto ha fatto nella lunga e intensa carriera. Così come applaudiamo Gianluigi Gabetti che lo ha voluto al timone dell' impresa consapevole di aver scelto un campione inimitabile. Ci auguriamo che la Fiat trovi un altro comandante all' altezza di chi è in partenza. di Vittorio Feltri

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