Cerca
Logo
Cerca
+

Paolo Becchi, allarme rosso per Matteo Salvini: "Se crolla, travolge anche te", cosa sta sottovalutando

Giulio Bucchi
  • a
  • a
  • a

AOLO BECCHI E GIOVANNI ZIBORDI La strategia di Salvini di evitare i rischi sul lato del mercato finanziario e dello scontro con la Ue e di concentrarsi sull' immigrazione e sicurezza e altri temi minori ha funzionato finora bene. Se l' economia tenesse come ha tenuto negli ultimi tre anni sotto Renzi e Gentiloni allora può aver ragione Salvini a non affrontare lui direttamente i problemi economici e fare concessioni ai 5Stelle sul lavoro, reddito di cittadinanza, ecc. Questo però è una ragionamento puramente politico, che ignora l' economia la quale è rimasta depressa dopo il 2008 e sta di nuovo cedendo. I tempi in cui l' economia italiana era una macchina che funzionava sempre bene da sola e i politici dovevano più che altro evitare di fare grossi danni sono passati. Non solo il M5S, ma anche la Lega hanno fatto promesse molto grosse sulla fine all' austerità e non accontentarsi più di un economia depressa. Deludere le promessi di stimolare l' economia ora è pericoloso perché tutti gli indicatori mostrano che l' economia italiana sta peggiorando bruscamente e da settembre persino il Ministro Tria è passato dal parlare di crescita all' 1,5% (con Savona ancora più ottimista) ad augurarsi «speriamo di non andare in recessione...». L' economia sta cedendo per tre motivi: 1) il ciclo economico positivo nel mondo e in Europa sta per esaurirsi, tutti stanno rallentando e si parla solo del fatto che la recessione sarà nel 2019 o 2020. Le Borse che scedono sono un indicatore, le banche europee hanno perso oltre 30% nell' ultimo anno ad esempio; 2) la Bce ha smesso dopo tre anni di creare miliardi (2.600 per la precisione) con cui comprare debito sui mercati; 3) l' effetto del nuovo governo e in particolare del M5S sul mondo economico è negativo, deprime la fiducia di chi fa investimenti. Leggi anche: "Salvini, questo è tradimento". Becchi, la bordata senza precedenti su Matteo Si può non credere alle previsioni degli economisti, ma ci sono ora dati così macroscopici che non si possono ignorare. Da quando il nuovo governo è in carica le banche italiane hanno ridotto il «credito a residenti» (cioè imprese e famiglie) da 2.380 a 2.300 miliardi, di 80 miliardi. Una cifra dieci volte maggiore delle percentuali di deficit pubblico a 2,4% o 2% di cui si è parlato a sfinimento. Un taglio del credito del genere basta da solo a tagliare le gambe all' economia. Anche le previsioni economiche diventano realtà, quando ogni altro indicatore, di produzione industriale, di variazione del Pil, di fiducia delle imprese e dei consumatori, peggiora. Se l' Italia, come tutti questi dati indicano, entra in recessione, senza il sostegno della Bce e nel clima di sfiducia generato da Di Maio, Toninelli & C nelle imprese, anche gli elettori perderanno fiducia in fretta nel governo e sarà difficile far ricadere le responsabilità solo sul M5S. Per quanto sia importante, l' immigrazione o il porto d' armi non sono ora la preoccupazione essenziale della maggioranza degli italiani. Il lavoro, le prospettive per i propri figli e anche il calo del tenore di vita contano di più. Andare al governo e trovarsi subito una recessione, senza nessuna idea per combatterla e venendo accusati di aggravarla, si rovescerà su Di Maio, ma forse non solo su di lui. Quattro anni fa gli italiani hanno dato il 41% allo sconosciuto Renzi e lo hanno ora ridotto al 17% nonostante l' economia sia leggermente migliorata in questo periodo. Sicuro, la politica di immigrazione assurda ha pesato molto, ma non bisogna dimenticare che alle elezioni il primo partito era il M5S, che di immigrazione quasi non parlava. Il voto del Mezzogiorno è andato al M5S perché parlava di temi sociali ed economici e ora viene deluso. E parlava soprattutto di reddito di cittadinanza. Certo, potrebbe arrivare come gli 80 euro di Renzi poco prima delle elezioni europee. Ma se non arriverà il destino di Di Maio è segnato. E forse anche quello del governo. di Paolo Becchi e Giovanni Zibordi

Dai blog