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Biosimilari, opportunitàeconomica e terapeutica

A colloquio con Armando Genazzani, professore ordinario di Farmacologia dell'Università del Piemonte Orientale, a Novara

Maria Rita Montebelli
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Cosa sono i biosimilari e perché è errato definirli come “il generico dei farmaci biotecnologici”? I biosimilari sono farmaci biotecnologici commercializzati solo alla scadenza brevettuale del farmaco di riferimento, talvolta in maniera sbagliata chiamato di marca o originator. Il prodotto biotecnologico è complesso e per sua natura è impossibile da definire interamente nella sua struttura. Questo vuol dire che il biosimilare sarà sovrapponibile al prodotto di riferimento, ma non uguale. Tutto questo invece non vale per i generici, che sono uguali nella loro natura chimica ai propri prodotti di riferimento. In sintesi, cosa prevede la normativa per quanto concerne l'approvazione all'introduzione dei biosimilari? La normativa europea, adottata anche negli altri paesi occidentali, prevede che si dimostri da un punto di vista analitico, sperimentale e clinico che non vi siano differenze rilevabili tra il farmaco che vede scadere il proprio brevetto e il biosimilare. In altre parole, poiché non possiamo a priori dire che sono la stessa molecola, dobbiamo dimostrare in termini di efficacia e sicurezza che hanno la stessa azione sul paziente. Questa procedura si chiama “esercizio di comparabilità” ed è utilizzata anche dai farmaci di riferimento in particolari circostanze. Esistono biosimilari “buoni” e biosimilari “cattivi”: quali sono le garanzie che un biosimilare deve dare e sono le stesse del farmaco originator? Le Agenzie che approvano i biosimilari sono le stesse che approvano i farmaci di riferimento e come detto prima “l'esercizio di comparabilità” è una regola che vale per tutti. Perché mai, poi, dovrebbero approvare farmaci che mettono a rischio la salute dei cittadini dell'Unione Europea? Lei ha spesso sostenuto che per quanto riguarda i farmaci biosimilari disponibili ad oggi in Italia, si tratta di una opportunità mancata. Perché? Quando un nuovo biosimilare esce in commercio, è ovvio che le evidenze cliniche di sovrapponibilità sono modeste, e quindi è ragionevole che l'utilizzo del farmaco avvenga gradualmente, magari verificando real-life che i due farmaci siano effettivamente identici. Questa gradualità di utilizzo si ritrova anche quando un nuovo farmaco con meccanismo innovativo viene lanciato sul mercato. Ma questo principio di cautela deve essere transitorio. A fronte del fatto che oramai sui primi biosimilari usciti in commercio abbiamo acquisito evidenze incontrovertibili di sicurezza e efficacia nel corso degli ultimi 7 anni, in Italia c'è ancora uno scetticismo diffuso. Bisogna considerare che spendiamo centinaia di milioni di euro all'anno nelle classi terapeutiche in cui vi sono biosimilari e le risorse che non abbiamo liberato sarebbero dovuto andare a migliorare la terapia dei nostri pazienti. A essere sinceri, poi, mi preoccupa anche il diverso utilizzo di questi biosimilari, con ampie diversità regionali in termini di utilizzo. Meno biosimilari si utilizzano. meno risorse si hanno per comprare altri farmaci, magari unici e innovativi. Di fronte ad una maggiore disponibilità di biosimilari in futuro, anche di biotecnologici complessi, quali sono le questioni ancora aperte da risolvere secondo lei? L'Agenzia Europea dei medicali ha giustamente sostenuto più volte che i biotecnologici, e quindi i biosimilari, sono una classe eterogenea e quindi ciascuno farmaco dovrà essere valutato separatamente. Non vi sono quindi regole che valgono per tutti. Bisogna, caso per caso, valutare le problematiche di ciascun prodotto e trovare una transizione tra studi clinici registrativi e pratica clinica che permetta al clinico di apprezzare l'effettiva sovrapponibilità. A questo punto si possono mettere in moto modalità di acquisto virtuose. Quale è il messaggio che le sta più a cuore? Che i biosimilari utilizzati in maniera appropriata sono uno strumento economico e terapeutico nell'interesse del paziente, che ha il diritto di essere trattato con gli ultimi ritrovati della farmacologia, ma per far questo non può pagare oltre il dovuto i farmaci scaduti di brevetto.

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