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Vittorio Feltri, quelle corna in prima pagina che sconvolsero il Paese più delle Br

Davide Locano
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L'adulterio. È un tema ricorrente, ad andamento ciclico, inesauribile. Scalda gli animi, eccita la fantasia e mobilita i "tuttologi" di ogni Chiesa. D'altronde, chi non ha esperienza di corna passive o attive? Stavolta, a dare la stura alle opinioni sulla delicata materia è stato un film: Attrazione fatale, importato dagli Stati Uniti, che racconta una storia a tragico fine, in cui tra gioie e dolori, sospiri e passioni ci scappa il morto. Leggi anche: Coronavirus, Vittorio Feltri: "Perché l'Italia si deve calmare" Pare che gli americani si siano specchiati in questa vicenda che non ha nulla di inedito, e ne discutano forsennatamente. Non sorprende: il tradimento coniugale e manovre relative sono esercizi fra i più praticati nel Nuovo continente. Ma non si scherza neanche nel Vecchio. Dove la pellicola, appena arrivata, ha scatenato reazioni di segno diverso e nessuna tiepida. In Francia, L' express, tramite la penna del critico cinematografico, ha avvertito che l' opera è "un' idiozia con qualche lampo di imbecillità"; mentre per Le point si tratta di capolavoro. Riproponiamo un articolo di Vittorio Feltri pubblicato alla fine degli anni '80 in occasione dell' uscita del film «Attrazione fatale». Da allora non è cambiato nulla: le corna non passano mai di moda. E in Italia? Idem: applausi entusiastici o fischi sonori. Ma nei nostri intenti non c' è la stima estetica del romanzone di celluloide, bensì l' osservazione del problema che esso pone, anzi, ripropone. L' adulterio, da queste parti, che proporzioni ha assunto? Come viene vissuto dai protagonisti? E se tra moglie e marito si mette qualcosa di più del comune dito quali sono le complicazioni? Nel 1979, la vigilia di Natale il Corriere della Sera pubblicò in prima pagina la lettera di una lettrice che si lagnava per due motivi: perché l' amante, sposato, avrebbe trascorso le imminenti festività con la legittima consorte, e perché i giornali dedicavano poco spazio alle frustrazioni della gente e moltissimo, troppo, alla politica. Era tempo in cui imperversava il terrorismo, e la stampa, in effetti, non aveva attenzioni che per questo, supponendo di soddisfare così le aspettative generali. Ma quel messaggio collocato a sorpresa nella vetrina del quotidiano rivelò clamorosamente che era sbagliato attribuire alle grandi questioni del Paese il primato nell' interesse del popolo. Che fu scosso dallo sfogo della donna più di quanto non lo fosse stato per le imprese dei brigatisti. LA SVOLTA Difatti, la redazione venne seppellita dalla corrispondenza: migliaia di missive provenienti da ogni regione, nelle quali si solidarizzava con l' infelice signora, le si consigliava di "lasciar perdere quel farabutto" oppure le si faceva notare che la giusta punizione per colei che stuzzichi un uomo ammogliato è, appunto, la solitudine. Infuriò il dibattito, cui seguì un' inchiesta sull' infedeltà con l' intervento delle firme più autorevoli di via Solferino. Ci fu una svolta nel costume giornalistico: perché da quel momento, pur non trascurando ammazzamenti e analoghe prodezze del partito armato, le cronache registrarono sistematicamente anche le faccende di cuore, ovvero del "privato". E venne alla luce un dettaglio importante su cui Leonardo Vergani pose l' accento: nonostante che l' adulterio non fosse reato da qualche lustro, gli adulteri continuavano a comportarsi come se lo fosse, evitando con cura di spezzare il legame ufficiale in favore di quello clandestino. Questo per molte ragioni. Ma principalmente perché il tradimento era considerato (e lo è ancora) un diversivo e non la fase iniziale di un rapporto destinato a divenire esclusivo. In altre parole, una fuga part-time dalla realtà familiare e non la premessa di un secondo (terzo o quarto) matrimonio. Oggi, con le dovute eccezioni, che però c' erano anche allora, la situazione è immutata. In nove anni, tutto si è evoluto tranne il settore corna dove le abitudini resistono. Non è una nostra intuizione spacciata per informazione, ma risulta dalle statistiche. In un saggio di Giovanni Caletti (Il comportamento sessuale degli italiani) si legge che nel 1976 il 25 per cento dei maschi e il 10 per cento delle femmine (totale 35 per cento) dichiaravano di non essere insensibili ai piaceri dell' avventura. L' indagine dello studioso era stata svolta su vasti campioni e in varie città, e aveva tenuto conto di molteplici elementi: l' età degli intervistati, la loro professione, l' anzianità matrimoniale. Ebbene, dalla elaborazione dei dati era emerso che tradivano i freschi come i maturi sposi, al Nord e al Sud, a ovest e a est, indifferentemente. Inoltre era stato accertato che non esisteva una causa prevalente dell' infedeltà alla quale di norma si arrivava per noia, ripicca, curiosità. La gamma delle giustificazioni fornite dai fedifraghi era parecchio assortita, ma bisogna pensare che la loro sincerità era dubbia, perché è noto che il ladro, sia pure d' amore, è anche bugiardo. Nel 1978, la Makno sostenne che in settanta coppie su cento c' era adulterio, provocato dall' uomo almeno nell' 80 per cento dei casi. Il che suonava male, perché in genere se il maschio fa una scappatella si presume che si rivolga a una femmina, quindi non ci dovrebbe essere mai disparità fra adulteri in pantaloni e in gonnella, a meno che lui sia quasi sempre sposato e lei quasi sempre nubile. Ma è improbabile. Ora, nel 1988, non disponiamo di statistiche aggiornate. Ma recenti sondaggi, per quanto nei limiti di servizi giornalistici, ribadiscono i numeri portati da Caletti nel 1976, non escludendo, nelle zone industriali del Settentrione, picchi più elevati. Comunque, volendo essere prudenti e prendendo per buona la percentuale del 35 per cento, non si può dire che l' infedeltà sia un ramo marginale. E poiché nell' ultimo decennio la quantità dei divorzi e delle separazioni non ha subìto sostanziali variazioni, significa che permane - inossidabile - l' usanza di ritenere l' amante una specie di seconda casa, da frequentarsi il più possibile e con comodo, ma di rincalzo alla prima. Perché? A parere dell' avvocato Cesare Rimini, principe degli specialisti e nel cui studio di Milano si sono celebrate migliaia di rotture, riconciliazioni e nuove unioni, chi pure sia stufo del legame giuridico è restìo a troncarlo, e preferisce avere il piede in due scarpe, perché conviene: una moglie e un' amica costano meno di due mogli. Pochi hanno i mezzi per fare e disfare famiglie. Un impiegato che abbia lo stipendio di un milione e mezzo al mese, di solito è sposato con un' impiegata che percepisce altrettanto. E con tre milioni si campa discretamente. Se invece se ne va con un' altra, deve detrarre gli alimenti per i figli e rimane in bolletta. Chi glielo fa fare? Meglio barcamenarsi tra il letto istituzionale e quello di fortuna che, oltretutto, qualora si usuri si può rimpiazzare. Poiché i poveri e i non abbienti, per essere gentili, sono milioni e i ricchi appena qualche migliaio, ecco spiegato come mai il panorama abbonda di persone che non rinunciano all' amante gratis né alla moglie, che è più oneroso scaricare che conservare. Errata poi la convinzione che la comparsa di un terzo soggetto sia alla base delle crisi della coppia. Semmai è il deterioramento dell' unione legale che accende nei coniugi il desiderio di evadere. IL DON GIOVANNI Il colpo di fulmine è una favola e folgora soltanto chi ha una voglia matta di ardere. Intendiamoci, non manca il tipo predisposto all' incenerimento. O quello, per esempio l' egocentrico, che ha bisogno di molte fidanzate quale sostitutivo di una platea plaudente da cui trarre la conferma che piace e, quindi, la sicurezza di valere. Ma i don Giovanni costituiscono una categoria che meriterebbe non un articolo, bensì una biblioteca: e davanti a loro ci arrendiamo per inadeguatezza. Essi sono prodigiosi: fingono di infiammarsi e provocano ustioni serie negli altri, senza nemmeno scottarsi. Sono collezionisti insaziabili. E non vanno confusi con coloro che cambiano donna ogni anno, ma le sono fedelissimi fino al termine del breve idillio, che coincide con l' inizio di un ulteriore innamoramento. Sia i primi, sia i secondi tuttavia formano una minoranza. L' adultero per eccellenza è un ottimista che invecchiando diventa pessimista; che si illude di aver trovato nell' amante l' ideale compagna con la quale dividere emozioni inalienabili; poi, nella consumazione dei giorni, l' uno simile agli altri, si accorge che anche lei è come la moglie e come tale va compatita, una persona che si è appannata nella routine, non dà più alcun brivido, spesso scoccia, è un fardello che si aggiunge a un altro fardello. Ma alla quale ormai egli vuol bene. E non si sente di dirle addio: per pigrizia, per evitare scenate, per non soffrire, perché è più facile amministrare un garbuglio piuttosto che affrontare un chiarimento, perché è meno faticoso sopportare che decidere. E l' adultero cammina ad occhi chiusi su un sentiero in salita e lastricato di bugie. Bugie tranquillizzanti alla moglie e consolatorie all' amante in un intreccio che lo chiude in un sacco soffocante dal quale è ogni giorno più arduo liberarsi. Finché scoppia il bubbone. Se scoppia. Nel qual caso che cosa succede? Lo vedremo nel prossimo articolo. di Vittorio Feltri

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