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L'idea di Renzi: lui premiercon Prodi al Quirinale

Il segretario del Pd potrebbe entrare a Palazzo Chigi senza voto. E con il nuovo governo il Professore avrebbe un ascensore per il Colle

Nicoletta Orlandi Posti
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Il capannello è ridotto, in un corridoio vicino al Transatlantico. Tutti deputati del Pd, nessun renziano, ed è una rarità di questi tempi. Difficile che si facciano vedere insieme. Parlottano fisso, e poi quando si accorgono che c'è chi li osserva, sciolgono la riunione in fretta e furia. Tutti con le bocche cucite. Bisogna forzare un vecchio amico collaboratore del gruppo, che rivela: «Stavano parlando della legge elettorale e del cavallo di Troia che avrebbe trovato Giuseppe Lauricella…».  Il cavallo di Troia è un emendamento all'apparenza innocuo. Il gran parlottare riguarda modi e strategie grazie alle quali su quell'emendamento verrà richiesto come consente il regolamento della Camera il voto segreto. La piccola modifica non tocca nulla dell'Italicum, e quindi non stravolge i patti fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. In apparenza li rafforza, e lega ogni punto di quell'accordo poi rivelato. Lauricella interviene solo sulla entrata in vigore della nuova legge elettorale: al termine della riforma costituzionale del Senato e del titolo V sul federalismo. È un cavallo di Troia davvero, perché se venisse approvato con il voto segreto (e gli interessi sono molti sia nel Pd che all'interno di Forza Italia), la nuova legge elettorale servirebbe solo per la Camera dei deputati e non entrerebbe in vigore se non fra 12-18 mesi, all'eventuale termine della riforma costituzionale contenuta in quell'accordo. Tradotto con altre parole: questa legislatura deve durare per forza, perché altrimenti si va a votare con il proporzionale e nessuno è in grado di vincere. Per cui a palazzo Chigi o resta Enrico Letta o bisogna che vada proprio Renzi. Come? Fuori Montecitorio sta passeggiando l'ex segretario di Rifondazione comunista, Franco Giordano, oggi luogotenente di Nichi Vendola in Sel. Racconta la preparazione che sta facendo alle elezioni europee, l'accordo con la sinistra greca, le candidature di professori e intellettuali con cui saranno fatte le liste di sinistra. Capolista potrebbe essere Barbara Spinelli. Ma poi affronta anche la politica nazionale: «Renzi potrebbe sì andare a palazzo Chigi. Ma lì non vuole più fra i piedi Angelino Alfano. La sua idea che abbiamo capito è cambiare maggioranza. Con noi alla Camera ce l'ha. Per il Senato abbiamo il mandato di sondare e cercare una ventina di grillini in rotta con il gruppo e pronti a sostenere il nuovo governo Renzi. Se ce la facciamo il nuovo governo è fatto…». Cambio di rotta? Altri segnali ci sono. Sul numero di Panorama di oggi nella sua rubrica Kayser Soze (pseudonimo di un personaggio delle istituzioni) ricostruisce l'ultima assemblea di Renzi con i senatori a cui ha detto: «Il successore di Giorgio Napolitano sarà eletto da questo Parlamento». Sembra ovvio, ma questo si traduce in un altro modo: «Non si va a votare subito». Secondo alcuni questa è la stessa idea di Silvio Berlusconi: più tempo passa, più Renzi si logora e il controdestra conquista punti. Il nuovo ri-alleato di Forza Italia, Pierferdinando Casini, la pensa diversamente e dice a Kayser Soze: «Certo che Renzi punta al voto, e a noi va anche bene. Meglio subito che una lenta agonia: tanto Enrico Letta non regge e Angelino Alfano è una delusione. Se andiamo avanti rischiamo di logorarci ancora. Visto che dobbiamo fare una cosa con Berlusconi, meglio farla ora che siamo più forti». Salvo Casini, pochi credono alle elezioni subito: i tempi sono stretti, e gli agguati alla legge elettorale come si è visto piuttosto insidiosi. Sempre più si immagina invece Renzi che arriva a palazzo Chigi a prendere il posto di Letta, magari proprio con quella maggioranza del cambiamento che disperatamente cercava Pier Luigi Bersani: «Io non ci credo», dice Giacomo Portas, leader dei moderati che mercoledì scorso è stato da Renzi accompagnandolo in taxi sotto la pioggia alla stazione Termini, «lui non è così matto di andare al governo senza un suffragio popolare». Così ha sempre detto l'attuale segretario del Pd: «Io non farò mai quel che fece nel 1997 Massimo D'Alema». Ma i fatti talvolta travolgono le opinioni. E per farle dimenticare - si sussurra nel Pd - una medicina ci sarebbe: affrettare la sostituzione di Napolitano. E portare al suo posto Romano Prodi, per sanare ogni ferita e maldipancia interno. E il patto con Forza Italia? «Reggerebbe», confida un renziano, «in fondo Prodi come Palmiro Togliatti è il solo che potrebbe promuovere una amnistia senza escludere Berlusconi…». di Franco Bechis

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