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"Bruciare i libri" l'assurda storia dei roghi delle biblioteche

Richard Ovenden

Nel libro di Richard Ovenden bibliotecario di Oxford tutti i casi di assalto ai danni dei libri e dei luoghi del sapere

Francesco Specchia
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“La dove si bruciano i libri, alla fine si briciano anche gli essere umani”, dice Hienrich Heine nella citazione di Richard Ovenden. Ovenden, da bibliotecario supremo della Bodlein Library dell’Università di Oxford, ha fatto dei libri la sua vita e nutrimento. La sua libreria, per capirci, contiene il “first folio” di Shakespeare, del 1623, e la Bibbia di Gutenberg del 1540. Perciò il suo Bruciare i libri (Solferino, pp 368, euro 20) è, allo stesso tempo, una difesa della memoria dell’umanità e un atto d’accusa contro gli assalti alle biblioteche e agli archivi che hanno minacciato il la nostra stessa esistenza. In questo saggio in cui aleggia lo spirito della Storia, Ovenden parte dal falò acceso dai nazisti nella Notte dei Cristalli del 1933 e si muove un po’ a ritroso, un po’ nel futuro sul tema della “cancellazione” dei libri dagli atti di guerra alla carta (nella guerra di Bosnia la prima vittima fu la biblioteca) fino alla comparsa degli archivi digitali che hanno come controindicazione la fine dell’archivio cartaceo classico. Parla di Thomas Jefferson che affermava «chi riceve un'idea da me impara qualcosa senza togliermi nulla; allo stesso modo, chi accende il suo stoppino dal mio riceve luce senza lasciarmi nell'oscurità”, in difesa delle librerie. E cita Max Brod che, “se avesse rispettato le disposizioni testamentarie dell'amico Franz Kafka, non avremmo mai letto Il processo. Non solo per bibliofili.

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