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Ddl zan, Nichi Vendola vuole una Chiesa inginocchiata? Le amnesie su chi dovrebbe chiedere scusa ai gay

Gianluca Veneziani
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Parlava del Vaticano,ma forse si riferiva ai suoi vecchi compagni. L’ha definita un’istituzione affetta da «dogmatismo omofobico», capace di produrre nel tempo «parole violente, anatemi contro un pezzo di umanità», o di promuovere «roghi dei sodomiti» e «teorie riparative» dell’omosessualità. Così Nichi Vendola, nell’intervista di ieri all’Huffington Post, bollava la Chiesa, rea di essersi esposta contro il ddl Zan e che, a suo dire, «dovrebbe chiedere scusa agli omosessuali». Ma l’ex governatore pugliese avrebbe fatto molto meglio a prendersela coni suoi progenitori rossi, che campioni dell’omofobia lo sono stati eccome, nelle parole e pure nei fatti. Farebbe bene a rileggersi ad esempio l’epistolario tra i due padri del comunismo, Marxed Engels, in cui quest’ultimo insultava «i pederasti» che «iniziano a contarsi e scoprono di formare una potenza all'interno dello Stato. La loro vittoria è inevitabile. D’ora in poi si dirà: Guerre aux cons, paix aux trous de cul (Guerra alla figa, pace ai buchi di culo, ndr)».Marx, dal suo canto, definiva ogni forma di sesso libero, come quella omosessuale, una ricaduta allo «stato bestiale di prostituzione universale» e non esitava a definire l’autore di un testo sul tema come «stupido frocio».

 

 

 

Fedeli esecutori dei pensieri dei teorici comunisti sono stati i dittatori rossi, a cominciare da Stalin, il quale nel 1930 fece riconoscere in Urss l’omosessualità come malattia, laddove nel 1934 la promosse a reato, in quanto pratica «controrivoluzionaria» e «manifestazione della decadenza della borghesia»: chi veniva condannato per omosessualità subiva una pena dai 5 agli 8 anni, con la possibilità di finire ai lavori forzati nei gulag. Furono circa 50mila i gay a subire una condanna nell’Urss dal 1935 al 1980. Non fece meglio uno dei più feroci interpreti dell’ideologia comunista, il cambogiano Pol Pot: il suo regime costringeva gay,lesbiche e trans a matrimoni combinati, obbligandoli ad avere rapporti eterosessuali sotto lo sguardo degli spietati guardiani della rivoluzione, i khmer rossi.

Dove la politica anti-omosessuali attecchì con particolare violenza fu a Cuba, in cui Fidel Castro perseguì i gay in maniera sistematica, rinchiudendoli in «campi correzionali», nei quali, raccontava Massimo Caprara, venivano sottoposti a «punizioni corporali, dovevano salire le scale con scarpe zavorrate di piombo, tagliare l’erba coi denti, ed erano perfino immersi nei pozzi neri». Esecutore del sistema repressivo era il presunto eroe libertario Che Guevara.

 

 

 

Ma anche da noi i grandi capi del Partito comunista non hanno mai nascosto la loro indole omofobica. Come ha ricordato Filippo Maria Battaglia nel bel saggio Ho molti amici gay (Bollati Boringhieri),in Italia a lungo «tra i comunisti non c'è stato posto per gli omosessuali; invertiti e pederasti (usati spesso come sinonimi) erano gli avversari borghesi». Vedevi allora Palmiro Togliatti attaccare lo scrittore gay André Gide: «Vien voglia di invitarlo a occuparsi di pederastia, dov’è specialista», diceva, esortandolo a farsi sodomizzare perché si ricredesse sui suoi giudizi negativi sull’Urss: «Se quando ha visitato la Russia nel 1936 gli avessero messo accanto un energico bestione che gli avesse dato le metafisiche soddisfazioni ch’egli cerca, quanto bene avrebbe detto, al ritorno, di quel Paese!».

E che dire di Giancarlo Pajetta, storico membro del Pci che negli anni ’80, all’arrivo della prima delegazione di omosessuali a Botteghe Oscure, tuonò: «E prima le p******, e adesso i f***** ma che c... è diventato questo partito?». O di Enrico Berlinguer che sulmensile della Fgci Gioventù Nuova, da lui diretto, fece pubblicare un affondo contro Sartre,definito «un degenerato,che si compiace della pederastia e dell'onanismo». La diffidenza della sinistra rispetto alle rivendicazioni dei gay arriva fino a tempi recenti. Come ricordava il Giornale, nel 2009 Bersani manifestava «forti perplessità» sulle unioni gay annotando: «Non lo chiamo matrimonio omosessuale perché non sono assimilabili».

Mentre D’Alema sosteneva che la coppia omo non può «essere considerata una famiglia» e che il matrimonio gay «offenderebbe il sentimento religioso di tanta gente». Un approccio confermato dall’ex deputata dem, nonché lesbica, Paola Concia quando faceva sapere: «Alcuni colleghi del Pd, ogni volta che mi vedono parlare con una donna, si strizzano l'occhio e dicono che ci sto provando». E riconosciuto dallo stesso Vendola allorché ammetteva: «È stato forse più facile dire la mia omosessualità ai preti che al partito». Peccato che ora Nichi se la prenda con i preti e dimentichi quanto intollerante e “omofobico” sia stato quel partito di cui è “figlio”.

 

 

 

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