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Luca Morisi, Klaus Davi: "Ecco perché non è stato difeso", la più dura delle accuse alla comunità gay

Klaus Davi

Pietro Senaldi
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«Che figuraccia…».

Chi, Luca Morisi?

«No, il mondo gay, che non lo ha difeso, lasciando che fosse esposto alla pubblica gogna, e gli ha negato anche la minima solidarietà».

Lui non l’ha chiesta…

«Non è vero. Ha dichiarato di essere in un momento di estrema fragilità, si è esposto. Un gay sa esattamente cosa ha provato Morisi quella notte quando ha contattato i due escort romeni. Sono episodi all'ordine del giorno nel nostro mondo. Siamo uomini soli e abbiamo una vita molto più promiscua degli eterosessuali. Chi non è omosessuale, non può neppure immaginarsela».

Ma perché la comunità gay non si è schierata in difesa del guru della comunicazione di Salvini?

«Può sembrare un paradosso, ma la comunità omosessuale, almeno nelle sue rappresentanze ufficiali, non è mai diventata un mondo davvero liberale. È succube della cultura cattocomunista per cui i diritti di un gay sono validie il suo stile di vita è giustificabile solo se appartiene al gregge, al gruppo, alla parrocchia, in altre parole se orbita nell'universo della sinistra; allora sì viene difeso, altrimenti è scaricato».

Klaus Davi, professione massmediologo e affermato consulente d'immagine, tendenze omosessuali dichiarate, orientamenti politici a sinistra altrettanto manifesti, ha passato la cinquantina da un po' «ma quando ero giovane... la droga mai, e neppure i ragazzini, perché a me piacciono più maturi, però per me, anzi direi per noi, era normale cambiare anche dieci partner in una serata; nei locali gay ci sono le dark room, sai cosa sono? Stanze del sesso, oscurità totale, tu entri e quel che capita, capita... Nulla di paragonabile a quello che succede tra uomini e donne». Klaus ha le idee chiare sul caso Morisi, «un genio della comunicazione, una vita piena di stress, un ragazzo che non ha retto, perché anche il successo lo devi reggere e lui in fondo è un grande talento di provincia, cresciuto a Mantova, ha avuto delle debolezze, come ammette; per me è stato diverso, quando sono arrivato a Milano avevo solo 18 anni, ma avevo già vissuto in tre nazioni straniere». Le idee sono chiare anche sulla comunità gay ufficiale, al quale l'esperto di comunicazione si onora di non appartenere: «È normale» spiega «che le minoranze al loro interno siano divise, capita agli ebrei, ai valdesi, a tutti... Però quando anche solo una fazione di queste minoranze viene attaccata, tutta la categoria reagisce compatta a sua difesa. È così, per esempio, che gli ebrei sono sopravvissuti a secoli di persecuzioni. Nell'ambito del movimento omosessuale invece la minoranza di destra non viene difesa, perché manca la cultura liberale, è una realtà succube del pensiero dominante progressista, il mondo gay è una minoranza che pascola e si conforta solo nella maggioranza».

 

 

 

C'è stato un ordine di scuderia di scaricarlo?

«Non è servito, è tutto automatizzato: siccome organizza campagne anti-immigrati e attacca la Fornero, Letta e Zan, è nemico della sinistra e quindi anche nostro. Questo è stato il ragionamento dell'Arcigay e simili».

La sinistra però difende di più i diritti gay: matrimoni, adozioni...

«Non fanno per me. Sono contento per i gay che si sposano, sono liberale e accetto che facciano figli, ma non è la mia vita».

Perché i gay si sposano?

«Innanzitutto bisogna dire che gli omosessuali sposati sono una minoranza. Immagino lo facciano per un desiderio di imborghesimento e di normalità. Probabilmente anche di ascesa sociale».

Anche di stabilità?

«E qui siamo al problema del caso Morisi. Io lo capisco, Luca. Non lo conosco ma lo capisco».

Perché, sei anche tu instabile?

«Morisi lavorava come un matto, sottoposto a stress notevoli. Ha avuto un attimo di debolezza. Il successo è un peso che va saputo portare. Lui è geniale, ma è rimasto un ragazzo».

Ma arruolare due escort sconosciuti alle tre del mattino...

«Un'imprudenza. Purtroppo, quando hai una vita pubblica, specie se hai ruoli politici, devi mettere le parti basse in pensione».

Oppure esporti meno: un uomo di successo tre o quattro numeri facili dovrebbe averli in agenda: com'è possibile esporsi e ridursi così?

«Mancanza di tempo e solitudine. Forse i suoi amici dovevano metterlo in guardia, dirgli di stare attento. È impossibile che nessuno sapesse».

Non mi capacito che il consigliere di un leader sia costretto a raccattare prostituti in rete...

«Senza dubbio è stato ingenuo, però considera che la comunità gay è estremamente interclassista, molto meno schizzinosa socialmente di quella eterosessuale: puoi andare con conti e camionisti, manager e camerieri, poliziotti e ministri».

Ma alle tre di notte... Significa anche essere fuori controllo...

«Non conosci il mondo gay. Per noi è normale, non abbiamo orari. La maggior parte di noi lavora, ha successo e quando stacca non ha moglie, non ha famiglia, è totalmente libero di sfogarsi. Anche i manager eterosessuali vanno con le escort, ma al massimo una volta alla settimana, perché poi devono rientrare a casa, c'è la moglie, la famiglia, le regole. Se sei gay, nessuno ti pone freni».

E la droga?

«Quella però l'hanno portata i ragazzi. Lui aveva solo cocaina, per uso personale: stress e solitudine».

Però qui si parla di droga party...

«Anche qui dimostri scarsa conoscenza del mondo gay. C'è quel film bellissimo degli anni Ottanta con Al Pacino, Cruising, che indagava tra gli ambienti omosessuali newyorkesi e già diceva tutto. Se hai sette, otto rapporti a sera, con degli sconosciuti, hai un'ansia da prestazione: la droga ti serve per rendere a letto, ce ne sono nate specificatamente negli ambienti gay, come il popper, che prolungano la prestazione. Io non condivido l'uso di droga, perché secondo me annebbia anche il piacere, ma è un fatto che gira a fiumi nel nostro mondo».

Che cosa ti lascia questa vicenda?

«Molta amarezza:verrà archiviato tutto, una professionalità bruciata per nulla».

 

 

 

Come hanno fatto a scoprirlo in tre ore, dall'ingaggio dei ragazzi all'arrivo dei carabinieri?

«Posso fare solo supposizioni. Forse era curato da tempo perché la Bestia aveva scocciato a Roma. Ma devi sapere anche che gli spacciatori sono degli informatori straordinari, hanno bisogno di avere rapporti con le forze dell'ordine per sopravvivere. Chi porta droga porta guai. Del resto, qualcosa non torna, conosco la malavita romena e l'ultima cosa che farebbe è chiamare la polizia. La versione ufficiale è che alla fine è saltato l'accordo sul prezzo della prestazione ma uno che ha la droga e si vende tratta fino all'ultimo, ricatta, minaccia, non chiamerebbe mai l'autorità, o "la legge", come dicono in Romania».

Morisi è finito adesso?

«No, è troppo bravo. Si prenda un anno sabbatico, poi ritorni: troverà senz' altro un lavoro in un'azienda. Agli italiani nel lavoro non interessa il privato delle persone».

Con la Lega però ha chiuso?

«Salvini è stato straordinario con lui. Rivendicare l'amicizia nel momento di difficoltà è stato un gesto bellissimo. Non ne dubitavo, conoscendo Matteo, che è uomo leale con gli amici. Però certo, la vita privata del tuo spin doctor non può essere in contraddizione palese con il messaggio che vuoi veicolare. Salvini l'ha difeso umanamente mail rapporto professionale non poteva reggere».

Tu cosa avresti fatto al suo posto?

«Doveva anticipare la notizia. Rilasciare una bella intervista e poi farsi da parte. Invece tacendo ha fatto gestire l'informazione a chi lo detesta, che ne ha approfittato per scannarlo».

Morisi è l'inventore di Salvini?

«Non esageriamo, gli ha dato una grossa mano, ma noi non possiamo nulla se il prodotto è debole. Morisi è bravo ma ha lavorato su un fuoriclasse, per questo il miracolo di passare dal 3 al 33% è stato possibile. Senza Matteo, la Bestia avrebbe azzannato meno. Salvini è un talento politico, ha umiltà, intelligenza, capacità di adeguarsi all'interlocutore, un fisico e una voglia inesauribili. È capace di andare in Calabria tre volte in un mese e la gente di quella terra dimenticata poi lo vota».

La Lega ha perso le elezioni per il caso Morisi?

«Secondo me no. Lo scandalo non ha inciso in termini numerici, però ha cambiato il clima».

La Bestia in realtà arrancava da ben prima dello scoppio dello scandalo...

«Draghi non è di sinistra. Se dovessi classificarlo, lo collocherei nel centrodestra. Però è un fatto che il suo avvento ha raffreddato l'agenda politica e ha messo in difficoltà la destra più della sinistra. Ed è paradossale, si si pensa che il premier punta tutto sull'economia e la destra interpreta meglio il disagio sociale».

Colpe di Salvini?

«Forse si è un po' irrigidito, anche lui un po' chiuso nella sua corte dei miracoli. Non è più il ragazzo che aiutava i giornalisti, è diventato un leader quasi tradizionale».

Errori politici?

«Non capisco perché rimetta sempre tutto in discussione, dal green pass all'economia. So che ha un ottimo rapporto personale con Draghi; in questa fase deve limitarsi ad aiutare il ceto medio e lavorare per identificare la Lega con la ripresa e il tentativo di rinascita. Non può dire una cosa un giorno e l'altra quello dopo. Deve rassegnarsi a vivere una fase più razionale».

Rischia il posto nella Lega, che pare in buona parte abbia festeggiato per il siluramento di Morisi?

«Ma se salta Matteo poi chi porta i voti?».

 

 

 

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