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Carlo Calenda: "Pure Mario Draghi sbaglia. Cinque Stelle e Pd immorali"

Pietro Senaldi
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«Di parlamentari che vorrebbero entrare in "Azione" ce ne sono tanti, potremmo formare un gruppo rapidamente, ma siamo a fine legislatura, chi ce lo fa fare? Molti non hanno nessun contatto con il territorio. La classe dirigente va selezionata bene, perché è questo il problema numero uno della politica».

Non raccoglie gente allo sbando?
«I due poli sono a pezzi, e non solo in Parlamento. Anche nelle amministrazioni passano la giornata a litigare. Lega e Forza Italia si uniranno, per contendere la leadership del centrodestra alla Meloni, anche se, visti da Bruxelles, non si capisce cosa abbiano in comune».

Il centrosinistra sta meglio?
«Direi peggio. Alla fine il Pd abbraccerà il populismo, per inseguire Conte, che nei sondaggi risulta ancora il leader preferito dagli italiani, sopra la Meloni, Letta e me. Più che un campo largo sarà un gran casino all'insegna dei sussidi infiniti, del no a tutto e delle dichiarazioni retoriche. Per dare una misura del caos in cui versano i partiti tradizionali le dico che tutti al Parlamento Europeo hanno votato per lo stop totale e immediato al gas russo sapendo che è una follia che distruggerebbe l'economia italiana. Lo hanno fatto per dare un segnale, sostengono, ma che vuol dire?».

 

 

Lei cosa farà?
«Daremo vita a un'area alternativa a destra e sinistra; a questo bi-populismo che sta distruggendo l'Italia. Una proposta fondata su contenuti, progetti realizzabili e persone competenti. Smetteremo di parlare solo di comunisti contro fascisti. Ci vogliono persone che sappiano gestire. Dobbiamo superare il 10%. Altrimenti tutto rimane come prima».

Mica facile...
«No. Non lo è. Ma a Roma siamo diventati il primo partito, prendendo il 20% proprio perché gli elettori volevano una politica fatta seriamente. Aggiungo, e la Meloni insegna, che il difficile è passare dal 2 al 5%, perché quando arrivi a quella soglia, l'elettore inizia a percepirti come voto utile, e se non sbagli e non tradisci le promesse cresci in fretta. Noi ci abbiamo messo due anni. Ora è tempo di accelerare».

Sempre affabile e modesto...
«Sempre detestato i politici piacioni e finti modesti. Quelli che fanno le battute per risultare simpatici ma a cui nella vita reale non affideresti un chiosco di bibite. Non sono pagato per essere simpatico ma per cercare di dare un contributo a questo Paese. Io dico le cose come le vedo, e in modo diretto. Fine. Poi se i cittadini preferiscono battute e selfie hanno un'ampia possibilità di scelta alternativa».

È un iracondo, qualità che poco si addice a un politico.
«Fumantino, correggerei. Mi arrabbio ma non serbo rancore. Dopo dieci minuti passa tutto».

Non avrà mai i voti sufficienti per governare...
«Ma non abbiamo la pretesa di governare da soli. Siamo aperti alle alleanze di governo con partiti non estremisti o populisti. Ma prima dobbiamo ristabilire un consenso forte per la politica seria. Un polo centrale della serietà e del buon governo. Altrimenti rivivremo quanto accaduto negli ultimi anni».

 

 

Lui è Carlo Calenda, l'uomo che vorrebbe farsi premier. Quando l'ha fondata, lasciando il Pd, nelle cui liste è stato eletto eurodeputato con una valanga di 280mila preferenze personali nel Nord-Est, Azione sembrava l'ennesima forza centrista della quale non c'era nessun bisogno. Adesso risulta essere il primo partito nella Roma fasciocomunista e sondaggi riservati la darebbero oltre l'8% a Milano. Oggi lo scenario è diverso. Alle prossime elezioni nel maggioritario Calenda vince nel collegio Roma 1, tutti gli altri seggi arrivano dal risultato proporzionale. «L'obiettivo non è avere un esercito di signorsì, ma ottenere una buona percentuale che ti garantisca un pacchetto di mischia di parlamentari di valore- se non sei onorevole, nessuno ti invita in tv ed è dura farsi conoscere- che faccia capire agli italiani che Azione non sono solo io». 
A quel punto si entra al governo, «perché la prossima legislatura sarà simile al finale di questa, con un Draghi o chi per lui a tenere le fila di una grande coalizione». E infine ce la si gioca da candidato premier al giro seguente, che per una volta potrebbe giungere prima dei canonici cinque annidi legislatura, perché il Parlamento avrà voglia di dare il colpo di grazia a quel che resta di M5S e nel centrodestra si arriverà a un regolamento di conti, nei partiti e nella coalizione. Parola d'ordine «farsi il mazzo» spiega il candidato, «perché il segreto dell'inefficienza dell'Italia sta in gran parte qui».

 

 

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