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Sandro Ruotolo? Brutta fine: a cosa si è ridotto con l'arrivo di Elly Schlein

Francesco Storace
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Faceva il giornalista d’inchiesta; ora fa le inchieste contro i giornalisti. Signori e signore, ecco la nuova vita di Sandro Ruotolo, già cronista compare di Michele Santoro nella nuova veste di sicario di quelli che erano i suoi colleghi. Epura tor non muore mai, cambia d’abito. Da quando Elly Schlein gli ha trovato un armocromista in armeria, lui ha preso sul serio la missione intitolata Adda venì Baffone. E mette nel mirino tutti quei giornalisti di destra sgraditi alla marmaglia rossa. Ma contemporaneamente issando come martiri del nemico chiunque va guadagnare di più rispetto alla Rai, strillando però alla persecuzione politica. Quando il nome di Ruotolo compare sulle agenzie di stampa, soprattutto nel momento in cui individua il bersaglio da mettere al muro, tra i giornalisti – principalmente in Rai – il sentimento prevalente si divide tra paura e risate. Perché il padrone del vapore, la coppia Roberto Sergio-Giampaolo Rossi, ha ben altro da fare che stargli appresso. Insomma, Ruotolo serve a dare un tono alle dichiarazioni dell’estremismo ora in voga al Nazareno, ma senza contare più di tanto.

 


LA MANOVRA
L’unica mossa che è andata a dama è stata la manovra ordita contro Filippo Facci, preso incredibilmente di petto per una riga sul nostro giornale. Ma più che da Ruotolo, è dipeso dalla luna di giornata della politica italiana: in quei giorni la sinistra sognava di inghiottire il presidente del Senato La Russa; la destra non sapeva come difenderlo; ci ha rimesso Facci. Per appena una riga, appunto. Per il resto, Ruotolo è stato respinto le tante volte che ci ha provato. La nostra memoria ne ricorda alcune, ciascuna con i suoi appunti un po’ intristiti per gli attacchi che ri-leggiamo. Ed è un peccato che un cronista di razza – la faziosità non deve mai far velo nel giudizio su un giornalista, il confine sono le bugie e mai le opinioni – si perda in assalti all’arma bianca contro Tizio o Caio. Per epurare ci vuole altra stoffa, diciamo.

 


Prendiamo il caso dell’ex presidente della Rai, Marcello Foa. Come capitò a Lucia Annunziata, anche a lui è stata offerta una trasmissione. Radiofonica, non televisiva. Ma la sola prospettiva che possa essere diffusa nell’etere la voce di un pericoloso sovranista ha scatenato Sandro Ruotolo. Mica aspetta di sapere quello che dirà in radio, no, al Baffone dei tempi moderni è sufficiente squadernare che cosa ha postato, twittato, detto, per emettere la sentenza di esilio.


FORTINO ROSSO
Per fortuna, non dipende dal fortino rosso (o meglio non dipende più) decidere chi va in onda e chi no, però è significativo che chi ha guidato l’azienda del servizio pubblico radiotelevisivo possa rischiare persino di non dover andare in onda per ordine del collettivo capitanato da Elly Schlein. Poi c’è il capitolo Petrecca. Paolo per gli amici, non per i compagni. Il direttore di Rainews 24, un giornalista che conosce molto bene il suo mestiere, deve pagare la colpa di informare i telespettatori. E che cosa dovrebbe fare un’emittente di notizie come la sua? Nascondere la premier, i ministri, la maggioranza. Sennò arriva la dichiarazione di Ruotolo che non esitava certo a dare le notizie di gradimento quando toccava a lui. Petrecca si limita a raccontare anzitutto quel che dice al Paese Palazzo Chigi. Che è una notizia, ovviamente, tranne che per Ruotolo. Se la Meloni parla, sbrigatevi – ulula luiche poi tocca a Elly. E chi glielo dice al compagno Sandro che per esprimere un concetto vagamente comprensibile la Schlein devi farla parlare almeno il doppio del tempo di Giorgia? E giù richiesta di dimissioni, di vigilanza Rai, occhio ai cronometri. A lezione da Epurator deve andare. Persino il buon Roberto Sergio, attuale amministratore delegato della Rai, emerge dal nostro taccuino come oggetto delle contumelie di Baffone rosso, ma per quando dirigeva a pieno titolo Radio Rai. Eppure, più ecumenici di Sergio non ne esistono in natura, ma a Ruotolo non va bene. Tutti rossi e basta, come Saviano, Fazio, Annunziata, Berlinguer, Gramellini e martiri vari. La stagione dei companeros deve durare dall’assunzione alla pensione e anche oltre, se possibile.

BERSAGLI
Ovviamente, tra i bersagli di Ruotolo non poteva mancare Marcello De Angelis, che manco sta nel servizio pubblico ma – orrore – alla regione Lazio tra gli uomini del governatore Francesco Rocca. Contro De Angelis, Ruotolo ha sparato tanto ma sempre con la pistola ad acqua. Lo voleva eliminare a tutti i costi per il post sulla strage di Bologna, poi per un altro e non gli bastava nemmeno quello con cui ha voluto lanciare un segnale di distensione. Licenziare la parola d’ordine: ma a destra sono più buoni della sinistra. In mezzo alla strada non si lascia nessuno. Soprattutto quando ci sono opinioni. Come ai tempi di Samarcanda. Ma Ruotolo se l’è scordato. 

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