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Donatella di Cesare inneggia alla brigatista? Impunita: l'ultimo scandalo

 Donatella Di Cesare

Francesco Storace
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Non studiano, minacciano. Non sono sapienti, ma prepotenti. E anche un po’ razzisti. Certo, non lo hanno menato, ma mica è normale quel che hanno fatto ieri quei bravi ragazzi della Sapienza, che fa sempre più rima con violenza. David Parenzo si è trovato un quarto d’ora di pubblicità sgradita all’università di Roma e chissà se ha pensato per un secondo a santo padre manganello per uscire illeso dall’ateneo.

Perché ieri era stato invitato ad un dibattito dagli studenti di destra, “Azione universitaria”, e per poco non è finita in baraonda. Perché gli ultrà della Palestina – no, non li chiameremo filo Hamas – non tollerano gli ebrei. E Parenzo lo è e quindi lo volevano punire.

 

 

Qualche mese fa una sorte simile stava nel calendario di Daniele Capezzone. Nessuno dei due violento, abili polemisti entrambi semmai, ma sgraditi ai picchiatori rossi. Che poi sono i nipotini sguaiati di quelli che impedirono l’accesso alla Sapienza persino a Papa Ratzinger, non possiamo più meravigliarci. Diventa così quasi normale che la professoressa Donatella Di Cesare possa continuare ad insegnare nelle cellule di facoltà. Se sei rosso fai come ti pare. E quindi mentre i “piccoli” – quelli che a Pisa chiamerebbero “minori” - strillano e ti negano di parlare, i “grandi” possono tranquillamente inchinarsi alla memoria della brigatista Barbara Balzerani.

«La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna», ha scritto e poi ha dovuto cancellare la Di Cesare. La rettrice, la professoressa Polimeni, si è un po’ indignata ma poi tutto fila tranquillo. In una facoltà si insegna, da un’altra bisogna scappare.

 

 

Possiamo chiamarlo il mondo al contrario o diventiamo improvvisamente un Vannacci’s fan club? Il generale sarebbe ammesso a presentare un suo libro nel luogo dove il pensiero dovrebbe essere libero? È davvero un problema di democrazia quello che abbiamo di fronte e in un’accademia lascia davvero stupefatti. La libertà di parola come valore assoluto non è più tollerata se non è preceduta da “quel che dico io” a senso unico.

Ormai siamo di fronte ad uno spettacolo indecoroso. I ragazzi poco più che maggiorenni che pretendono di decidere chi parla e chi no crescono col mito dell’impunità, la pretesa di giudicare i diritti altrui, un sentimento razzista e antisemita che è sempre più pericoloso. Ridateci l’Italia e l’Università, che non sono zona franca rispetto alla legge. Se la cultura li forma così, guai per quei giovanotti che sognano di vivere nella giungla. No, le regole dovrebbero valere anche lì dentro: nessuno chiede loro di dire sissignore a chi la pensa come Parenzo ma di rispettare idee e valori di chiunque entri all’università armato solo della sua parola.

Le immagini della Sapienza che nega un diritto mostrano qualcosa di scioccante, manganellano chi le guarda, oltraggiano la democrazia. Siete all’università per studiare e non per annientare il prossimo. E invece la compagna Luna l’avreste ascoltata volentieri, immaginiamo.
 

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