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David Parenzo, chi sono le "compagne" che lo hanno cacciato: ora tutto torna...

Tommaso Montesano
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Sui social, qualcuno ha rotto gli indugi e chiesto di sapere nome e cognome della donna con le “mani a imbuto”. Quella, per capirci, che venerdì al raduno fiorentino delle militanti di Non una di meno ha cacciato da piazza della Santissima Annunziata una ragazza di nome Sara colpevole di essersi presentata con un cartello in cui accusava le femministe di non spendere neanche «una parola sugli stupri di Hamas». In rete circola il video del “dibattito”: «Israele è uno Stato occupante! Basta, vai via! Vai via! Vai via! Vai via! Vai via!». Non male per celebrare la Giornata internazionale della donna.

«Raus, in pratica le ha gridato. Vogliamo il nome e il cognome», scrive l’utente Miss Freedom su X. Per tutta risposta l’account fiorentino di Non una di meno butta la palla in tribuna, accusando chi si sta interrogando sui sentimenti democratici di quella piazza di realizzare «uno shitstorm contro di noi e contro altre realtà che sostengono Gaza e la Palestina. Non cadremo nella trappola della polemica». Surreale.

Al Corriere Fiorentino, il collettivo femminista è stato più prodigo di spiegazioni attraverso una tale Angela: «Ci sono persone che strumentalizzano gli stupri di Hamas per supportare Israele. Abbiamo scelto di mandarla via anche a sua tutela perché magari qualcuno le strappa il cartello». Insomma, a Sara hanno fatto un favore a cacciarla.

ACCESSO VIETATO
L’8 marzo consegna alle cronache altre perle dell’universo “transfemminista”. All’università La Sapienza di Roma è stato il giornalista David Parenzo a fare le spese dell’intolleranza. Invitato da Azione Universitaria, al conduttore de La7 è stato impedito di parlare. Parenzo ha postato su Instagram il video di quanto accaduto all’ateneo. Si sentono i contestatori fare rumore all’esterno e poi si vede ciò che resta di un lancio di spazzatura all’interno.

Parenzo documenta tutto, inclusa la furia di una ragazza che lo apostrofa: «Noi non vogliamo domande!». Borsa a tracolla rossa, occhiali sulla testa, bottiglia d’acqua sulla mano destra, la ragazza urla: «Lei è un razzista! Utilizza la questione femminile per strumentalizzare, per difendere, per giustificare il genocidio in atto in Palestina come ha fatto con l’Afghanistan e l’Iraq! Lei non ha spazio e legittimità politica per parlare qua!». E tra le protagoniste dell’8 marzo non poteva mancare Maya Issa, la portavoce degli studenti palestinesi romani.

Di lei, quella che in autunno auspicò di cacciare i sionisti da Roma, si ricordano altre sparate nelle manifestazioni precedenti. «A Gaza c’è un’intera generazione cresciuta sotto i bombardamenti, sotto l’occupazione israeliana. Ogni famiglia ha un martire. Cosa si pretende? È umano vendicarsi. La responsabilità dei massacri non è di Hamas» (25 novembre 2023); «Gesù è morto a Gaza, perché sotto le macerie è morta anche l’umanità (...). L’atto terroristico di Hamas va contestualizzato» (23 dicembre 2023). Con queste premesse, non devono sorprendere i contenuti del sermone con il quale arriga le “transfemministe” nel corteo della Capitale: «Oggi non è una giornata di festa. Siamo in lutto per il genocidio del popolo palestinese».

 

FORZA PALESTINA
Voce acuta, kefiah in testa, attacca la «macchina assassina sionista» e promette un’«escalation transfemminista». Israele, urla, «sta portando avanti il processo di pulizia etnica iniziato oltre settant’anni fa e non il 7 Ottobre! La resistenza palestinese è in ogni donna!». L’obiettivo è la liberazione di «tutta» la Palestina, «da nord a sud! Perché non crediamo in nessuna pace!». Sipario.

 

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