E chi se lo dimentica Stefano Puzzer, “il portuale di Trieste”, in quel banchetto di piazza del Popolo, a Roma, dove gli notificarono il foglio di via nel nome del green pass... Ma ora è un’altra storia. Tristi quei giorni in un Paese colpito dalla pandemia e dalla demagogia di certi governanti; e decisamente migliori quelli attuali in cui si trova una magistratura che in Cassazione rispedisce al mittente il licenziamento subìto proprio da Puzzer per non aver presentato la documentazione anti Covid al datore di lavoro, che all’epoca era l’agenzia lavoro portuale di Trieste. È infatti di ieri la notizia, centellinata tra mille verifiche, che la suprema Corte ha accolto il suo ricorso contro la cacciata dal posto di lavoro decretata invece in primo e secondo grado. Il processo torna in appello per dire sì definitivamente alla posizione di Puzzer. Che ieri ha reso noto su Facebook, con un video emozionato, che il suo licenziamento è stato dichiarato illegittimo. E tantissimi commenti di felicità hanno accompagnato il suo post. La gioia di chi ha lottato e sofferto con lui.
Puzzer è stato l’emblema della protesta – ottobre 2021- contro l’obbligo di certificazione Covid per lavorare. Si auto-sospese rifiutando di mostrare il Green Pass (che possedeva per guarigione da Covid) e fu licenziato per assenza prolungata e rifiuto di compliance. Tribunale del Lavoro e Corte d’Appello di Trieste confermarono il licenziamento. Invece, la Cassazione ha accolto il ricorso, dichiarando illegittima la sanzione dell’allontanamento dall’attività. E questo perché gli avvocati sono riusciti a dimostrare che la legge, semmai, permetteva solo sospensione, non sanzioni disciplinari. Ora il caso è stato appunto rimandato alla Corte d'Appello di Venezia per il riesame, incluso il reintegro. Puzzer, all’epoca dei fatti, aveva deciso di non assoggettarsi all’esibizione del green pass, pur essendone in possesso (lui stesso aveva dichiarato di essere stato positivo al Covid), in aperta opposizione alle imposizioni del legislatore in periodo pandemico.
A ciò aveva fatto seguito la contestazione disciplinare e il licenziamento dovuto al fatto – ripercorre la Cassazione – che il dipendente, «pur in possesso delle condizioni utili a conseguire il certificato verde, si rifiutava di esibirlo, così sottraendosi all’obbligo della prestazione lavorativa per un ripetuto numero di giorni e risultando in tal modo assente ingiustificato». Ma, fa notare la Cassazione citando la norma allora vigente, i lavoratori privi della certificazione erano considerati sì «assenti ingiustificati» ma ciò non comportava conseguenze disciplinari. E, anzi, era previsto «il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro». La Corte di Cassazione ha dunque bocciato la sentenza della Corte triestina e rinviato la causa alla Corte d’Appello di Venezia che dovrà pronunciarsi attenendosi ai dettami della nuova sentenza.
Per Puzzer, oltre alla concreta opportunità di ritornare a lavorare in porto, si prospetta anche un possibile risarcimento: «Se uno lotta per i propri diritti alla fine la giustizia arriva», afferma lui, «perché se sai di avere ragione non devi mai mollare. Ma per me questa è stata un’agonia». Puzzer attualmente lavora come aiuto cuoco in un ristorante a Muggia ed è custode in un campeggio.
Il coraggio vince...