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Farina di grillo? Per evitarla basta leggere bene l'etichetta

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Attilio Barbieri
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Dopo il via libera ufficiale contenuto in un regolamento di attuazione della Ue - per la precisione il numero 5 del 2023 - stanno arrivando sui banconi dei supermercati e pure nei negozi di vicinato i primi prodotti a base di farina di grillo. La materia prima è in particolare la polvere sgrassata di acheta domesticus, il nome scientifico del grillo comune, prodotta dalla vietnamita Cricket One Co. Ltd, società che nel luglio 2019 ha presentato alla Commissione Ue una domanda di autorizzazione per l’immissione in commercio nell’Unione europea della «polvere parzialmente sgrassata di acheta domesticus (grillo domestico) quale nuovo alimento». Da allora è partito il conto alla rovescia, con i primi produttori che stanno per porre in vendita le prime derrate contenenti l’ingrediente esotico.


I primi due casi riguardano un panificatore torinese, grande esperto di lieviti, Enrico Murdocco, e un produttore artigianale di pasta che opera nel cuneese. I due annunci sono quasi passati inosservati, pure sui social media, dove al contrario imperversa un fuoco di sbarramento scatenato da mesi da complottisti, cospirazionisti e sedicenti guru del “depopolamento” globale. Un cannoneggiamento a base di bufale che in un crescendo rossiniano ha coinvolto tutto e tutti. Nel mirino sono finiti i grandi produttori di pasta e di prodotti da forno, quasi tutte le insegne della distribuzione e perfino alcuni colossi dell’industria come Fca, acronimo di Fiat Chrysler Automobiles, la creatura del compianto Sergio Marchionne, nata nel 2014 dalla fusione fra Fiat e Chrysler ma sparita nel 2021, con l’incorporazione nel neonato gruppo Stellantis assieme alle francesi Peugeot e Citroen.


LISTE DI PROSCRIZIONE
Queste liste di proscrizione girano vorticosamente su gruppi e pagine complottiste di Facebook, gemellate spesso con canali di Telegram dedicati al tema, e sfornano fake news a getto continuo. La bufala più ricorrente, rimbalzata perfino in alcuni programmi televisivi “non allineati” sostiene che sia possibile infilare gli insetti e i loro derivati in tutti gli alimenti, all’insaputa dei consumatori. Poi c’è chi sostiene che la presenza di «proteine» fra gli ingredienti sia la spia dell’impiego di insetti o loro derivati. Naturalmente le «farine proteiche» sono in cima all’elenco di alimenti da evitare a qualunque costo, come se le proteine vegetali - regolarmente impiegate per questo genere di preparazione e in tutti i cibi vegani e vegetariani- non esistessero.


Tutte balle spaziali, amplificate talvolta inconsapevolmente- più spesso intenzionalmente- da chi non conosce la materia. La verità è un’altra. Diametralmente opposta. Innanzitutto proprio il Regolamento Ue numero 5 del 2023 - come sollecitato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare prevede che gli alimenti contenenti polvere di grillo ne dichiarino chiaramente la presenza in etichetta, visto che «può provocare reazioni allergiche nelle persone allergiche ai crostacei, ai molluschi e agli acari della polvere». Dunque va specificata la presenza di allergeni. Inoltre, come prevede un altro Regolamento Ue, il numero 1169 del 2011, la farina di grillo deve essere indicata chiaramente nell’elenco degli ingredienti. E della materia prima va scritto non soltanto il nome scientifico, acheta domesticus, ma anche la definizione italiana: grillo domestico.


PREZZI ESORBITANTI
Dunque basta leggere con un minimo di attenzione l’etichetta per individuarne la presenza. Senza contare che, al momento, insetti e loro derivati sono venduti a prezzi esorbitanti. Italian Cricket Farm, ad esempio, ha aperto la prevendita sul proprio sito web di farina di grillo, al costo però di 40 euro al chilogrammo. Dunque chi la dovesse impiegare nelle preparazioni alimentari ha tutto l’interesse a farlo sapere. E la prospettiva è che i cibi a base di insetti siano acquistati soprattutto da ricchi snob alla ricerca di alternative agli alimenti tradizionali. Semmai, visto che la distrazione dei consumatori è sempre possibile e la lettura delle etichette a dir poco infrequente, varrebbe la pena di rendere più evidente l’etichettatura e più leggibili gli ingredienti, specificando magari anche l’origine di insetti e derivati, come chiede con forza la Coldiretti da tempo. La trasparenza col cibo è sempre apprezzata. L’ultima cosa che farei sarebbe mangiare pane a pasta con farina di grillo. Soprattutto se di provenienza vietnamita. 

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