È bastata una settimana per spegnere gli ardori progressisti per il nuovo Papa. La sinistra ha infatti necessità di creare eroi, miti, modelli, e non avendo più materiale nelle proprie stive cerca disperatamente di annettersi personalità provenienti da altri lidi. Era successo già con Francesco, che in men che non si dica era diventato una sorta di icona post-moderna tipo un Che Guevara più spirituale, corteggiato da Scalfari e Fazio, da politici e influencer. In verità, alcune uscite del vecchio pontefice, nonché la scelta degli interlocutori, avevano facilitato questa strumentalizzazione. Salvo poi la constatazione che sulla dottrina neanche papa Bergoglio si era mosso di un millimetro.
Nel caso di papa Leone la disillusione è arrivata invece, per i nostri compagni, nel breve volgere di pochi giorni. Se la settimana scorsa era considerato un campione progressista, per il suo congenito (e presunto) antitrumpismo, oggi di colpo è diventato un reazionario solo per aver affermato che la famiglia è la cellula di base della società civile e per aver ribadito che essa è «fondata sull’unione stabile tra uomo e donna». Subito ha fatto sentire la sua voce il circolo di cultura omosessuale intitolato a Mario Mieli che ha parlato di un «netto ritorno a posizioni più conservatrici in contrasto con i timidi tentativi di apertura degli ultimi anni». A quella del circolo si è unita la voce di Luxuria che si è richiamata al principio di laicità dello Stato (quasi come fossimo al tempo del Papa Re e qualcuno l’avesse messo in dubbio) e alla equiparazione civile di ogni forma di matrimonio, compreso quello fra due uomini e due donne.
Poiché poi oggi la sinistra è completamente in mano agli uomini di spettacolo, a quelli che senza irriverenza potremmo definire “nani e ballerine”, anche l’attrice Micol Olivieri ci ha fatto sapere di essere andata «in bestia» dopo le «esternazioni» del Papa. L’attrice de I Cesaroni ha sbroccato chiamando in causa addirittura Manuela Orlandi e lo «schifo» e la «merda» che, secondo lei, avrebbe nascosto il Vaticano. Surreale è stato poi il commento di un altro influencer, Tommaso Zorzi, che ha fatto sapere al Papa che «con un genocidio in corso» non è opportuno che si occupi di «omosessuali e famiglia tradizionale». Più concreta, si fa per dire ovviamente, Elly Schlein, che, come risposta, ha rilanciato la necessità di una legge sull’omobilesbotransfobia, che, detta così, più che una proposta, sembra un tentativo di imitazione della supercazzola di tognazziana memoria.
Comunque, mettendo da parte l’ironia e venendo al senso ultimo delle parole di Leone XIV, si capisce forse meglio perché la sinistra sia andata in tilt. Per il papa, non si tratta solo di evitare l’imposizione di un “pensiero unico” su certe questioni, come pretende la cultura “fluida” e del gender abbracciata dalla sinistra. In gioco è anche l’affermazione della centralità di una istituzione in grado di scardinare le pretese totalizzanti dello Stato, cioè gli incubi dello statalismo e della statolatria. Il Pontefice nel suo discorso ha richiamato i governi non solo a riconoscere, ma soprattutto a investire sulla famiglia. La quale, ha osservato, è uno di quei «contesti» da «favorire» perché è in essa che è «tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato». La famiglia è chiamata cioè, oggi più che mai, a difendere l’umanità e la civiltà, ponendosi come primordiale corpo intermedio fra l’individuo sempre più isolato della società globale e lo strapotere di uno Stato che assume spesso i tratti totalizzanti di una pervasiva governance sovranazionale.