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Marcello Pera accusa l'Europa: "Sui diritti, fa violenza contro gli Stati"

di Fausto Carioti martedì 4 aprile 2023

6' di lettura

Ci sono frasi che a distanza di anni appaiono più attuali di quando furono scritte. Tipo questa: «Esiste una sfida drammatica rappresentata dal divario fra le nostre conquiste scientifiche, le quali corrono velocemente, e i nostri standard morali, i quali vanno a un passo più lento». L’autore è il filosofo Marcello Pera, all’epoca presidente del Senato, il libro è “Senza Radici”, scritto a quattro mani con Joseph Ratzinger, e l’anno era il 2004. Da allora la “gestazione per altri”, ossia l’affitto dell’utero, è diventata terreno di scontro politico e fenomeno diffuso, praticata da centinaia di coppie italiane ogni anno. Pera oggi è senatore di Fratelli d’Italia.

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Domanda al filosofo, prima che al politico: mettere insieme gli ovociti di una donna, l’utero di un’altra e il seme di un uomo che magari è il cliente pagante, pone problemi etici nuovi?
«Non c’è alcun problema etico nuovo. I cristiani avevano detto: “Amare gli altri come noi stessi perché sono persone come noi stessi”. I laici avevano tradotto: “Non usare mai gli altri come strumento di soddisfazioni dei nostri desideri, ma sempre come fini in sé”. Non c’è altro da aggiungere. E infatti oggi i “liberal”, i laicisti, i secolaristi, i progressisti, i sinistri e catto-sinistri, i “fluidi” di ogni tipo, non vogliono aggiungere, ma sottrarre».

Sottrarre cosa? A chi?
«Vogliono privare l’Europa e l’Occidente dei fondamenti della propria identità. Pensano che senza un’identità, anche naturale, da difendere, diventeremo più liberi, più emancipati, più aperti, più inclusivi. In realtà diventeremo prede, relitti, zombie».

Una coppia di genitori omosessuali non può amare i figli, comunque li abbia avuti, allo stesso modo di una coppia eterosessuale?
«Che vuol dire “amare” in questo contesto? Mi sa darne un significato che non sia quello egoistico di “voglio un bimbo, punto e basta?”».

Esiste un diritto dell’individuo a crescere in una famiglia con un padre e una madre?
«Qualcuno sa come cresce un bambino con due madri o due padri? Ne abbiamo esperienza storica consolidata? Non mi interessa che Tizio e Caio o Tizia e Caia “amino” il loro bambino. Non faccio fatica a pensarlo. Dopotutto, lo hanno comprato a caro prezzo, ne hanno scelto il colore (mi dicono che quest’anno tira molto il bianco pallido), hanno deciso la dieta della madre, le sue modalità di vita, il suo stile di comportamento, eccetera».

Cos’è che conta, allora?
«Mi interessa sapere: queste belle e amabili creature nate da schiave con l’utero in affitto, come vivranno? Come si sentiranno nelle generazioni future? Quali problemi avranno? Quando si fa un esperimento su così grande scala, come lo sono la storia e l’evoluzione umana, bisogna almeno cercare di capirne le conseguenze possibili o probabili. Per cose di gran lunga minori vale il principio di precauzione. In questo caso, neppure quello? Allora si gioca contro la natura e la civiltà. Oppure si fa violenza all’una e all’altra e si sta a vedere che cosa succede. È irresponsabile».

Anche su questa materia la Ue pretende di prevalere sul diritto nazionale. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha chiesto al parlamento europeo di prendere posizione contro il governo italiano in difesa dei «diritti dei bambini» e l’assemblea di Bruxelles gli ha dato ragione, condannando l’Italia e chiedendo al governo di registrare i figli di tutte le «coppie omogenitoriali».
«L’Unione europea è ancora allo stato di potente superfetazione sovranazionale, senza una sua identità, neppure istituzionale. Ne è tanto consapevole che, non sapendo e non potendo essere di più, ha cercato di fare di questa debolezza una forza, usando un ossimoro: “uniti nella diversità”, che è come dire “sposati nel dissenso”. Questa forza l’ha poi trasformata in violenza».

Violenza di che tipo?
«Che cos’è lo “stato di diritto” che a Bruxelles vogliono imporre a tutti gli Stati? Semplice: è quello che noi, al governo pro tempore delle istituzioni europee, chiamiamo stato di diritto, e se non sei d’accordo, allora sei fascista. Chi ha detto che fa parte dello stato di diritto riconoscere la filiazione da genitori dello stesso sesso? L’ha detto una delibera del Parlamento europeo. Ma se è così, è un bel problema: una decisione politica fissa quali sono i diritti fondamentali pre-politici! E poi, mi sapete dire se a Eva Kaili, in carcere da quattro mesi, viene applicato lo stato di diritto o la tortura tipo Mani Pulite? Quanto a Sala, che non ha remore a chiedere la condanna del proprio Paese, Costituzione compresa, ignora persino la Corte di cassazione italiana sui bambinidi coppie omogenitoriali».

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Il Pd di Elly Schlein ha fatto dei diritti Lgbt la sua nuova bandiera identitaria. Siamo davanti a una mutazione genetica della sinistra?
«Una mutazione notevole. Prima avevamo “Gramsci-Togliatti-Longo-Berlinguer!”, e si capiva. Poi abbiamo avuto “Veltroni-Occhetto-D’Alema!”: si capiva meno, ma ci si intendeva. Ma “Letta-Franceschini-Boccia-Bonaccini-Guerini-Schlein!” che vuol dire? È un ircocervo, come dire “La Pira-Pannella-Bonino!”. Io Elly Schlein la ascolto attentamente, anche perché ci sarebbe bisogno del suo partito per fare alcune cose assieme, a cominciare dalla revisione della Costituzione, ma al meglio delle mie capacità di ascolto e comprensione non sento mai un discorso programmatico preciso, organico, puntuale su cui confrontarsi».

Nel Pd ci sono tuttora esponenti cattolici la cui etica non pare turbata dalle scelte della loro segretaria in materia di aborto, gravidanza surrogata e matrimoni omosessuali. La stupisce?
«Non mi stupisce affatto, perché se c’è un mondo che ormai è confuso e forse perduto, è quello cattolico. Nemmeno la Chiesa aiuta i fedeli. Eppure c’è stato un tempo in cui era un punto di riferimento, non solo spirituale, ma anche culturale».

Non lo è più?
«No, non lo è più. Non indirizza più i cattolici e, quel che è peggio, si trova sovrastata da una cultura che fa del laicismo una bandiera e si laicizza anch’essa, pensando di aggiornarsi. Questo, però, vuol dire perdersi. Capire tutti, perdonare tutti, giustificare tutti, fa perdere la specificità del Vangelo. Quando sento un prete che dice “Fratelli, Dio è amore e ci vuol bene senza distinzione”, mi preoccupo, perché so già dove andrà a parare: ad esempio, che è amore anche quello di chi sposa un altro dello stesso sesso. O quello della donna che porta in seno un figlio che poi, naturalmente per amore, restituirà a chi glielo ha ordinato e pagato».

Eppure Jorge Bergoglio ha avuto parole durissime sull’aborto, tanto da paragonarlo all’affitto di un sicario. Difficile catalogarlo come papa “modernista”.
«Bergoglio ha detto tante cose e alcune anche precise, ma ne ha dette altrettante per niente chiare. Talvolta dà l’impressione di chi attende che i cambiamenti avvengano per poi accettarli. Immagino che viva il dramma della modernità scristianizzata, che ne soffra anch’egli, ma non sembra voler ingaggiare una lotta».

La lotta contro la scristianizzazione dell’Europa, che fu la priorità di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

«Io penso che questa lotta si possa perdere, e forse l’abbiamo già perduta, e che però la si debba fare. Non è possibile che un mondo di così grande civiltà come la nostra muoia per inerzia, per disinteresse, per paura, senza che nessuno combatta dalla parte giusta. Tanti cattolici oggi applaudono Putin, perché anche loro vogliono distruggere il nostro mondo occidentale, fortemente decaduto e degenerato. Li capisco, la sirena è forte, la tentazione anche, ma la strada è sbagliata».

Qual è la strada giusta?

«Dobbiamo ricominciare dalla resistenza in casa nostra, come ci avevano insegnato proprio Wojtyla e Ratzinger. Lo sapevano anche loro che la battaglia è pressoché persa, ma la si deve combattere. Quando avremo infine distrutto il matrimonio, annullata la famiglia, perduto il senso del limite e del lecito, devastata la scuola, disgregata la società, alla fine molti capiranno che o si scompare oppure si deve rinascere. Fa bene Giorgia Meloni a non cedere: è in discussione ben più del suo governo, la nostra civiltà». 

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