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Nel Pd rotolano le teste dei vecchi, ma il vecchio Bersani guida il nuovo

Roberto Procaccini
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  Il ricambio generazionale, la rigenerazione dei volti. Nel Partito Democratico cominciano a cadere le teste dei primi dinosauri, e Pierluigi Bersani gongola. Walter Veltroni si è arreso per primo, di sua spontanea volontà. Enrico Letta, che nel contesto non appare il più bacucco ma ha già nove anni in Parlamento alle spalle, accenna un pre-ritiro: "La prossima volta è l'ultima". Giovanna Melandri fa un passo di lato annunciando una fondazione filantropica che, però, "non significa addio alla politica". Pierluigi Castagnetti, alla quinta legislatura in Parlamento, si tira fuori dalla vita istituzionale e invita i colleghi-veterani a farsi da parte "perché è finita una stagione politica" ("e che lo facciano prima di finire nell'occhio del ciclone"). L'accantonamento di Massimo D'Alema, invece, al momento procede per botta e risposta formalmente diplomatici, ma preannuncia guerra. Insomma, incalzato dai rottamatori, dal Movimento 5 Stelle, dalla crisi finale della Seconda Repubblica, Il Pd rinnova (dolorosamente) la propria dirigenza, quella che nelle ventennali trasformazioni del centrosinistra (Pci, Pds, Ds, infine Ds+Margherita) è rimasta sempre la stessa. Ma perché Pierluigi Bersani si sente fuori da questo giro? I grandi vecchi - Sono tutti sulla graticola, i grandi vecchi. Ma chi sono? Basta guardare i curriculum politici. Quelli di Veltroni e D'Alema parlano da soli. Enfant prodige della Gioventù Comunista, yuppies rampanti nel traghettare il Pci dal marxismo verso qualcos'altro (non hanno mai deciso cosa) dopo la caduta del Muro, tredici legisalture complessive in Parlamento, sindaco di Roma l'uno (Veltroni), presidente del Consiglio l'altro (D'Alema). Ma non sono gli unici dinosauri. Rosy Bindi di legislature ne ha già fatte cinque, è stata due volte ministro nonché presente in tutte le incarnazioni dei cattolici di sinistra (dalle correnti Dc, Al Partito Popolare, alla Margherita). Il 63enne Piero Fassino (già guardasigilli e ministro del Commercio, cinque legislature alle spalle) al momento è fuori dai giochi perché impegnato a fare il sindaco di Torino, ma a Roma se lo ricordano bene. Anna Finocchiaro è un magistrato prestato subito alla politica: nel 1987 il salto dalla Procura di Catani al Pci, per lei le elezioni tra Camera e Senato sono già sette. Vogliamo fare l'esempio, oltre Letta, di un altro finto-giovane? Prendiamo Giovanna Melandri: di una generazione più giovane degli altri, vanta due incarichi di ministro e cinque mandati in Parlamento. Il nuovo Bersani - Ma il segretario del Pd, candidato alle primarie ed eventualmente candidato premier, a che titolo dovrebbe rappresentare il nuovo? Classe '51, è stato tra gli anni '80 e '90 prima consigliere e poi assessore della Regione Emilia-Romagna. Nel 1995 della Regione diventa presidente, ma nel '96 va a Roma per fare il ministro dell'Industria e del Commercio nel primo governo guidato da Romano Prodi. Poi casca il professore, ma non casca lui: diventa premier Massimo D'Alema e gli conferma l'incarico, questa volta a capo del dicastero dei Trasporti. Nel 2001 è eletto in Parlamento, nel 2004 anche in quello Europeo, nel 2006 torna Prodi e lui torna a fare il ministro (Sviluppo Economico). Poi nel 2008 il centro-sinistra fa patatrac e Bersani fa carriera: ancora alla camera dei Deputati e quindi segretario del partito. Insomma, un signore da trent'anni nelle istituzioni, da diciotto a Roma, che se il Pd approvasse il limite di tre legislature in Parlamento non potrebbe più candidarsi, è alla guida del nuovo Pd. O almeno lui dice così. Oggi, mercoledì 17 ottobre, arrivando in Confcommercio, il segretario del Pd Pierluigi Bersani ha detto  "Questa polemica la chiudiamo: ho   letto che scaricherei o caccerei qualcuno ma nell'Italia che ho in   mente io i deputati non li nomina nè Bersani, nè Berlusconi, nè   Renzi. IIo   D'Alema lo conosco bene e dico che contro il concetto di rottamazione  combatterà fino alla morte per   quel che riguarda il concetto di rinnovamento, ci lavoreremo tutti   assieme". A chi lo ha incalzato sui tre mandati, Bersani ha replicato   netto: "Le regole ci sono".    

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