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Renzi e Berlusconi, vertice a Palazzo Chigi: intesa sulle riforme, gelo sulle nomine. Incognita europee

Giulio Bucchi
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Il patto del Nazareno tra Renzi e Cavaliere regge, almeno per le prossime settimane. Dopo le elezioni europee, si vedrà. Due ore di faccia a faccia bis a Palazzo Chigi, dopo lo storico incontro di gennaio: il premier Matteo Renzi e il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi hanno fatto il punto sulle riforme, dal'Italicum al Senato, confrontandosi anche sulle freschissime nomine dei vertici delle partecipate. Il vertice, iniziato alle 21 e terminato alle 23 e che ha visto presenti anche i due consiglieri Lorenzo Guerini da una parte e Denis Verdini dall'altra, è iniziato pochi minuti dopo l'ufficializzazione del giro di poltrone. E Berlusconi non ha risparmiato critiche: "E' un salto nel buio", avrebbe commentato con Renzi, contestando soprattutto la sostituzione di due "sicurezze" come Scaroni all'Eni e Sarmi alle Poste italiane. Il premier ha abbozzato, confermando la fiducia nelle proprie scelte. Le richieste di Berlusconi - Sulle riforme, invece, resta l'intesa di massima. Berlusconi vuole modifiche al testo sul nuovo Senato: meno senatori di diritto (oggi sarebbero 21) e più rappresentanti per la Lombardia, questa la richiesta del Cav secondo il retroscena di Casadio e Lopapa su Repubblica. Renzi, ancora una volta, avrebbe glissato: "Cambiamenti sì ma non si può stravolgere l'equilibrio e il senso del testo". Dettagli, perché la partita si giocherà tutta sui tempi. Che sono stretti, strettissimi. L'incognita delle Europee - E' stato lo stesso presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell'incontro nella mattinata di lunedì al Quirinale, ha messo in guardia Renzi: bisogna fare presto, chiudere la partita delle riforme nel giro di poche settimane. Altrimenti saranno guai. Il premier è convinto di poter chiudere sul testo iniziale del Senato entro le europee del 25 maggio, poi si porrà la parola fine all'Italicum a giugno e, contemporaneamente, si potranno affrontare cambiamenti più significativi alla riforma di Palazzo Madama, che peraltro richiederà un iter lungo mesi. Ma è proprio la data del 25 maggio che rischia di far saltare tutto. Un eventuale flop elettorale con Forza Italia sotto il 20%, insieme ai guai giudiziari e all'agibilità politica limitata di un Berlusconi ai servizi sociali, potrebbe compromettere la trattativa, soprattutto se il Cavaliere cederà alle pressioni dell'ala più preoccupata dall'intesa con Renzi e il Pd. Una corsa contro il tempo, in cui come al solito l'ambizioso Renzi è convinto di arrivare primo. Ma occhio agli sgambetti della sorte, dei nemici e dei presunti amici. di Claudio Brigliadori

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