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Matteo Salvini: "Io candidato premier? Forse. Ma ho un altro sogno..."

Andrea Tempestini
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Salvini, nel '97 lei fu eletto tra i comunisti nel Parlamento della Padania. Che ci fa oggi a braccetto con Marine Le Pen? «Rivendico tutto quello che ho fatto in passato, ma alcuni valori della sinistra oggi in Italia li difende solo la Lega. Faccio notare che in Francia la Le Pen prende una marea di voti in libera uscita dalla sinistra». Marine non le ha mai detto: «Matteo, levati l'orecchino»? «No, lo sa che sono comunista dentro e che vado in curva allo stadio». Lei fu il primo leghista a indossare la camicia verde in un palazzo istituzionale: il Comune di Milano. Orgoglio padano o voleva fare il figo? «Lo feci perché ero orgoglioso di appartenere a un movimento che mi ha dato tanto. La presidente del Consiglio comunale, Letizia Gilardelli del Pd, mi chiese subito di toglierla. Ovviamente la tenni, anche perché sotto non avevo niente». Altre gesta barbariche? «Tirai un uovo a D'Alema presidente del Consiglio fuori dalla Prefettura di Milano e non diedi la mano al presidente Ciampi quando venne in visita al Consiglio comunale». E che giudizio dà oggi di Giorgio Napolitano? «È una persona che dovrebbe godersi i frutti del suo lungo lavoro e ritirarsi». Com'è diventato leghista Matteo Salvini? «Fu una scelta di cuore. I miei non si occupavano di politica: mia madre faceva l'interprete, mio padre era dirigente d'azienda. Al liceo classico, a 17 anni, vidi un manifesto: “Sono lombardo, voto lombardo”, con il simbolo di Alberto da Giussano. Mi incuriosì perché al “Manzoni” erano tutti ciellini o comunisti. Cominciai così, per curiosità. Poi è diventata una passione». Da piccolo cosa sognava di fare? «Il giornalista sportivo. Volevo commentare le partite del Milan». Lei è nato con la maglia rossonera, ma si sceglie tutte donne interiste: la sua ex moglie e la sua attuale compagna. «Sono andato allo stadio sia con l'una che con l'altra e ho litigato con entrambe. Adesso a casa mia è vietato parlare di calcio». È vero che lei odiava Allegri? «Non lo sopportavo. Non è un allenatore da Milan. Molle, molle come un fico». Avrà esultato quando è andato alla Juventus. «Ho brindato. La Juve non vincerà lo scudetto per merito di Allegri». Ne ha parlato con Berlusconi ad Arcore? «Altroché. Gli avevo chiesto io di cacciare Allegri quando era il nostro allenatore. Gli chiesi anche di mandare via Balotelli. Lui all'inizio era contrario perché diceva che gli faceva vendere le magliette, ma alla fine mi ha dato retta. “Metti più italiani in campo, fai crescere i nostri ragazzi”, gli ripetevo, perché avevamo degli stranieri imbarazzanti: Robinho, Constant... Oggi il Milan è una delle squadre più italiane in campo». Inzaghi le piace? «Pippo è cresciuto a pane e Milan, certo che mi piace». Nella diatriba tra Barbara Berlusconi e Galliani, lei da che parte sta? «Galliani ha fatto vincere tutto al Milan, lei è il nuovo. Quindi faccio il democristiano e sto con tutti e due». Con Salvini la Lega è tornata di casa ad Arcore. Bossi ci andava di lunedì, lei di domenica. Lo fa per vedere il Milan assieme al Cav? «Partite insieme a Berlusconi non ne ho ancora viste, ma lì si mangia molto bene». Menù tipico? «Spaghetti al pomodoro e arrosto». Che idea si è fatto di Berlusconi chiacchierandoci a tavola? «È un uomo davvero incredibile. Ma il suo partito non è altrettanto eccezionale». Si tornerà ai fasti di Bossi & Berlusconi? «Non guardo al passato, ma se ci saranno i presupposti ricostruiremo quell'alleanza. Per le regionali dell'Emilia Romagna l'abbiamo già fatto». E a livello nazionale? «Dipende dai progetti e da cosa sarà Forza Italia alla fine del suo dibattito interno». Se ci fossero le primarie di centrodestra lei parteciperebbe? «Non lo escludo, ma ce ne sono tanti nella Lega che potrebbero farlo». Cosa direte ai “terroni” per convincerli a votare uno di voi? «Che non pensiamo solo al Nord. Infatti stiamo per far partire una “sorella” della Lega in tutto il Centro-sud». Sta per nascere una Lega terrona? «Esattamente. La presenteremo entro un mese. Saremo presenti in tutta Italia con un movimento che andrà da Roma alla Sicilia, passando per Puglia e Calabria». Nome? «Stiamo definendo i dettagli su nome, simbolo e statuto. Di sicuro ci sarà la parola Lega nel logo». Crede davvero di fare proseliti al Sud? «Ne abbiamo già una marea. Nelle mie amicizie su Facebook la seconda città è Roma e la comunità più folta è quella pugliese». Ha parlato con Raffaele Fitto del vostro sbarco nel Salento? «Finora no». Che idea si è fatto della battaglia che sta conducendo dentro Fi? «Mi sembra coraggiosa, perché dire dei “no” non è mai comodo. Certo, poi bisogna vedere se sono dei “no” dettati da principi o da logiche di potere». Crede possibile un ticket Salvini-Fitto? «No». E un ticket con Giorgia Meloni, vista la vostra recente affinità politica? «Non m'interessano i ticket. Il mio nemico numero 1 non è più Roma, ma Bruxelles. In questo con Giorgia siamo in perfetta sintonia». Con Angelino Alfano, invece… «Col ministro di Mare Nostrum manco morto». Come sono suoi i rapporti con Tosi? «Buoni. Flavio è uno dei sindaci più bravi che abbiamo. Alle primarie di centrodestra potrebbe candidarsi lui, come Maroni, Giorgetti, Zaia…». Lei ha scelto di nominare Bossi presidente onorario della Lega e questa è sembrata una sfida a Tosi, che aveva posto l'esclusione del Senatùr dalle cariche di partito come condizione per ritirarsi dalla corsa alla segreteria. «Bossi è la storia della Lega e non si tocca». Quando lo conobbe? «Nel '91, prima che Formentini diventasse sindaco di Milano». Che impressione le fece? «Un'emozione terribile. Un carisma incredibile. Bossi era e rimane un genio assoluto della politica». Che rapporto c'è oggi tra voi? «Ci sentiamo tutte le settimane. Per me è importante seguire i suoi consigli». E con Maroni come va? «È il governatore della Lombardia, ci sentiamo quasi tutti i giorni». Raccontano che tra voi non ci sia più il feeling di una volta. «Cazzate». Le piace come Maroni amministra la Regione? «Si può sempre fare meglio. Ma venerdì è passata in giunta una legge a cui tenevo tantissimo e che colloca la Lombardia avanti rispetto a tutta l'Italia: 400 euro al mese per i papà e le mamme separati o divorziati con figli a carico». Lei è un papà separato: conflitto d'interessi? «Questa legge è per quelli che hanno un reddito di 10mila euro e io fortunatamente non rientro tra questi. Però conosco l'Associazione dei padri separati e so bene che ci sono casi disperati. La norma sull'affido condiviso non è applicata e la giustizia italiana 9 volte su 10 avvantaggia le donne. Noi in Lombardia abbiamo fatto passi avanti, ma dovrebbe darsi una mossa il Parlamento». Lei è credente? «Sì, ma sono un cattolico tiepido. Mi piacerebbe esserlo di più, ma vado a messa tre volte l'anno. E l'ultima volta che mi sono confessato è stato11 anni fa, quando mi sono sposato». Da cattolico divorziato vorrebbe che Bergoglio le permettesse di prendere l'ostia? «No, perché la Chiesa ha dei principi e deve seguirli. Io ho sbagliato ed è giusto che ne paghi le conseguenze». Chi è il suo modello nella Chiesa? «Monsignor Maggiolini, che aveva le idee ben chiare. Ma mi piace anche Papa Ratzinger». Papa Francesco non le piace? «Ne apprezzo la spontaneità e la capacità di essere vicino al popolo. Spero però che questo non vada a discapito della Chiesa cattolica. Fa bene Bergoglio a scaldare i cuori, ma spero che non venda pezzi di coerenza». Niente aperture ai matrimoni gay, insomma. «Il matrimonio gay non è un matrimonio. Punto». Non condivide nemmeno la legge sulle “civil partnership” annunciata da Renzi? «Il codice civile riconosce già i loro diritti. Tra i quali sicuramente non può esserci l'adozione. Scimmiottare la famiglia non interessa nemmeno ai gay, la cui priorità è pagare meno tasse. Io ne conosco tanti: non gliene può fregare di meno di avere uno pseudo-matrimonio». Berlusconi, invece, ha cambiato idea sui gay. Ha visto il selfie con Luxuria? «Berlusconi può incontrare chi vuole, ma spero che per qualche voto in più non insegua il politicamente corretto cavalcando battaglie sbagliate». Lei vive in una coppia di fatto. E la sua compagna è diventata capo segreteria di Maria Cristina Cantù, assessore lombardo alla Famiglia nonché fedelissima di Salvini. «La mia compagna è lì perché ha vinto un concorso pubblico e lavora da anni per questo assessore, a prescindere da Matteo Salvini. Semmai essere la compagna del segretario della Lega per lei è un problema». Il futuro leader di centrodestra potrebbe essere lei. Ci pensa mai quando si guarda allo specchio? «Se sono arrivato a guidare la Lega e se il mio partito corre nei sondaggi, non lo escludo. Ma oggi il centrodestra non esiste». Qual è il suo sogno allora? «Il mio sogno è fare il sindaco di Milano». intervista di Barbara Romano

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