Giampaolo Pansa: Matteo Renzi, il chiacchierone mandato in tilt dal cerchio magico
Ma non era uno staff di Premi Nobel quello che assiste Matteo Renzi a Palazzo Chigi? I media l'hanno descritto così, nelle tante cronache vergate per irrobustire l'immagine del Chiacchierone fiorentino. Ho una collezione di ritagli stampa alta un palmo che cantano le glorie dello stato maggiore renzista. Domenica scorsa, un quotidiano niente affatto tenero con Re Matteo ha dedicato due paginate per illustrare la figura del portavoce renziano: Filippo Sensi, un altro reduce di Europa, il defunto quotidiano del Pd. Era un articolo con i fiocchi che raccontava anche degli altri spin doctor che circondano il premier. Peccato che sette giorni dopo, il voto regionale abbia messo a nudo la fragilità boriosa di questa squadra di cervelloni. La domenica 31 maggio 2015 verrà ricordata come la Waterloo dei consiglieri del principe fiorentino. La quantità di errori commessi nei mesi precedenti renderebbe necessario un repulisti radicale che tuttavia, diciamolo subito, non ci sarà. Quanti sono questi errori? Il primo è di non aver avvisato Renzi che il suo carisma personale, ammesso che esista, non bastava più. L'enorme dispendio di forze degli ultimi mesi, primo fra tutto l'ossessionante presenza in tutte le tivù, ha partorito un topolino, più morto che vivo. Le regioni rosse sono rimaste rosse, ma con un'eccezione importante: la Liguria, passata al centrodestra. Adesso Renzi dovrà portare a Palazzo Chigi anche la signora Paita, per non lasciarla nelle grinfie dei vincitori. Non mi riferisco al forzista Toti, un bravo figliolo abituato alle buone maniere, ma a quelle dei leghisti di Salvini, giovanotti pronti a festeggiare la vittoria con stupri e saccheggi, sia pure soltanto virtuali. Il Veneto è rimasto al leghista Zaia, un signore compassato sempre in abito scuro e cravatta nera. Ma lui si lascia alle spalle, tramortita, la fragile Moretti. Un'altra signora pallida che adesso Renzi dovrà ricoverare a Palazzo Chigi, accanto alla Paita, se non vorrà vederla rifugiarsi in convento di monache di clausura. Infine il Chiacchierone spavaldo si troverà davanti all'incubo della Campania. È vero che lo sceriffo De Luca ha battuto l'esile Caldoro. Ma soltanto il mago Otelma è in grado di prevedere se governerà la regione oppure sarà inghiottito dalle sabbie mobili di una legge Severino che tutti interpretano in modo diverso. Lo staff dei Premi Nobel aveva messo in allarme Renzi sull'eventualità di trovarsi alle prese con l'infernale bordello campano? Il risultato fa pensare di no. Un'altra topica dei cento consiglieri di Matteo è stata di non ricordare al premier che sarebbe cresciuto il numero degli elettori decisi a non andare al seggio. Ci piacerebbe conoscere il nome del cervellone che ha consigliato la data delle elezioni, a cavallo di un gigantesco ponte di ben quattro giorni. Una manna per gli italiani non oppressi dalla crisi. Non certo per i supermanager alla Marchionne, gli amici di merenda preferiti dal Chiacchierone. Ma per signore e signori qualunque certamente sì. Di qui è nato un vuoto che ha esaltato il bottino di due partiti: la Lega e i Cinque stelle. Squadroni d'assalto che considerano Matteo e i suoi fedeli soltanto giocatori d'azzardo. Destinati, prima o poi, a perdere al tavolo del poker persino l'eredità della nonna. Il Sensi e la sua truppa di presunti esperti hanno trascurato di avvisare Renzi che il centrodestra sembrava morto, ma non lo era. È bastato che Forza Italia, la Lega e le altre fazioni nate attorno al Cavaliere ritrovassero un minimo di unità per conquistare una regione come la Liguria da sempre rossa. Avrebbero almeno dovuto ricordargli che Genova e dintorni hanno una popolazione tra le più anziane in Italia. Nel capoluogo il venti per cento degli abitanti ha da ottant'anni in su. Inevitabile che non gli fregasse nulla del giovanilismo spaccone di Renzi e dei suoi twitter. Ma la vera catastrofe dei Nobel di Palazzo Chigi si è vista di fronte alla tragedia dell'emigrazione dall'Africa. Soprattutto qui è caduto l'asino renziano. Matteo è rimasto inerte per mesi e mesi. Si occupava di stroncare chi non era pronto a inchinarsi dinanzi al suo soglio e fingeva di non vedere i tanti barconi che scaricavano sulle coste del Mezzogiorno migliaia e migliaia di disperati. È questo l'errore terribile di un premier tutto chiacchere e distintivo. Le città e i paesi d'Italia, dalla Sicilia al Piemonte e al Veneto, stanno cambiando volto. Dappertutto si vedono grupponi di disperati che vagano senza scopo e senza meta. Non voglio neppure pensarlo, ma prima o poi ci troveremo di fronte a qualche emergenza senza rimedio. Al confronto, il problema dei rom sembrerà una pagliuzza rispetto a una trave. Il voto di domenica non segna di certo la fine del renzismo. Ma dovrebbe imporre al Chiacchierone gigliato una riflessione profonda sul modo di portare avanti la vicenda di un governo mai uscito da una consultazione elettorale, eppure connotato dall'arroganza tipica dell'imperialismo straccione. A che cosa è servito piazzare amici, cortigiani, sudditi e complici in tutti i possibili posti di potere? Soltanto a far lievitare le spese di Palazzo Chigi e a sprecare denaro pubblico. Lo stesso giudizio vale per certi ministeri chiave affidati a signore volonterose e di bell'aspetto, ma per nulla adatte a posizioni impegnative. Eppure circolano ipotesi assurde, come quella di affidare il super comando del Partito democratico alla Maria Elena Boschi, la Madonna di Arezzo. Il voto di domenica conferma che quel che resta del Pd è un Vietnam che può solo essere consegnato a un pacificatore con la pazienza di un santo o a un guerriero pronto a governarlo con il terrore. Si sente dire che, in alternativa alla Boschi, il trono di segretario del partito potrebbe andare al gelido Lorenzo Guerini o al misterioso Luca Lotti. Ma in entrambi i casi sarà una scelta da rottamatori che non sanno più da che parte voltarsi. Adesso per lo staff dei Premi Nobel arriverà la prova più delicata. È racchiusa in una domanda: a mister Renzi conviene andare a votare il più presto possibile o è opportuno attendere tempi migliori? Ecco un enigma che nessuno sa sciogliere. La verità è che il Chiacchierone sta seduto su un vulcano. Circondato dalle ombre dei tanti che ha annullato, gettandoli nel baratro dell'irrilevanza. È fatale che cerchino di vendicarsi o di essere vendicati. A Matteo non servirà raccomandare: «State sereni». Prima o poi, gli elettori cominceranno con il dirlo a lui. di Giampaolo Pansa