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Matteo Renzi e il dossier segreto: voto tra un anno o subito. Ecco come finirebbe

Giulio Bucchi
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Sulla scrivania di Matteo Renzi ci sarebbe un dossier, anzi una "simulazione segreta" per andare il voto anticipato. A riferirlo è Claudio Cerasa sul Foglio, chiarendo che anche se la volontà del premier è quella di andare avanti a Palazzo Chigi si stanno preparando al peggio.  Il rebus Roma - Certo, uno può obiettare: nel 2016 si voterà, ma per le amministrative. A Milano e a Napoli, due battaglie durissime per il centrosinistra. E poi forse la Regione Sicilia e soprattutto Roma. Secondo il Corriere della Sera Renzi vorrebbe evitare di tornare alle urne nella Capitale nella prossima primavera, a meno che il voto non sia politico. In altre parole: se il governo non riuscirà ad andare avanti e dal Quirinale arriverà il via libera allo scioglimento delle Camere, Renzi farà cadere anche Ignazio Marino, per un super election day con politiche e amministrative combinate in un unica tornata.  Il piano A: "R-r-v" - Il Foglio, in questo senso, parla di "due opzioni": la prima, "che resta la strada preferita da Renzi, è quella che alcuni renziani chiamano r-r-v: riforma, referendum, voto". Approvazione rapida della riforma costituzionale, referendum per approvarla e poi, tra autunno 2016 e primavera 2017, il voto anticipato. In questo caso, comunque, dipende tutto dall'iter della riforma al Senato, nient'affatto scontato. Se verrà approvato entro gennaio 2016, il referendum sarà dopo 6 mesi. A quel punto, sarebbe tutto pronto per votare.  Il piano B: c'è il Cav - Il problema però è l'ostruzionismo di mezzo Pd e opposizione tutta. Ma Renzi conta, alla fine, sull'appoggio indiretto di Forza Italia, che potrebbe bypassare i numeri risicati a Palazzo Madama facendo uscire qualcuno dei suoi senatori al momento del voto sulla riforma del Senato in cambio del prolungamento della legislatura e una futura revisione dell'Italicum. Perché, è la tesi del premier, le urne anticipate spaventano più le opposizioni che la maggioranza. Se però non ci sarà accordo sulla riforma, allora il governo cadrà per forza. E si andrà al voto, è questo il "piano B", con una legge elettorale mista: Italicum alla Camera e Consultellum al Senato. Secondo il Foglio, che cita una simulazione in mano al premier, prendendo in considerazione le previsioni di voto di fine giugno al Senato il Pd con Scelta Civica sarebbe al 35% (120 senatori), Forza Italia al 10,5% (circa 45 senatori), Ncd e Udc al 4% (circa 7 senatori), Lega al 15,5% (circa 50 senatori), Sel al 6% (circa 5 senatori), Movimento 5 Stelle al 25,5% (circa 72 senatori). Risultato: Renzi "costretto" ad allearsi di nuovo con Berlusconi, ma con in cambio un "Pd disegnato a propria immagine e somiglianza".

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