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Zampa (Pd): "A fucilare Prodi furono molti più di 101"

Zampa, portavoce di Romano, ricostruisce l'imboscata verso la corsa al Quirinale. Ognuno voleva farla pagare a qualcuno: a rimetterci le penne fu Mortadella
di Michele Chicco domenica 13 ottobre 2013

2' di lettura

Macchè 101: a trombare Romano Prodi per il Colle più alto di Roma, il Quirinale, furono di più. Molti di più: "115-120". Lo rivela in un libro Sandra Zampa, fedelissma del professore e donna molto informata sulle faccende interne al Pd. Zampa è deputato democratico alla seconda legislatura, è portavoce di Prodi ed è stata capo-ufficio stampa di Palazzo Chigi ai tempi del Prof. Ha scritto un libro, I tre giorni che sconvolsero il Pd (Imprimatur editore, 160 pagine, 12 euro), nel quale racconta quei giorni tragici che portarono all'elezione del Presidente della Repubblica: riunioni, telefonate, voli e tradimento. C'è tutto, è ricco di particolari, ma non ci sono nomi perché, come Zampa racconta al Corriere della Sera, "se pubblicassi anche un solo nome falso, commetterei un'ingiustizia".  Quoque tu... - Nomi sconosciuti, ma non le aree d'appartenenza. L'intesa per fregare Prodi raccolse diversi delusi del Pd, tutti uniti contro il fondatore del partito: "C'era chi pensava di dover vendicare Marini per la mancata elezione nelle prime votazioni; quelli che pensavano si dovesse dare una possibilità a D'Alema; quelli che si erano convinti che l'elezione di Prodi avrebbe portato rapidamente alle urne". Ovviamente c'erano tutti quelli che, del Pd, "volevano un'alleanza di governo larga, estesa al Pdl, e vedevano in Prodi un ostacolo". E poi, dulcis in fundo, c'erano quelli che la volevano far pagare a Pierluigi Bersani o quelli che desideravano bloccare l'ascesa di Matteo Renzi, sponsor del professore.  I professori - Erano parecchi, insomma, quelli che volevano far le scarpe a Prodi. Ballano altri 15-20 voti di parlamentari, non democratici, che gli hanno teso l'imboscata. E anche su questa lacuna Zampa sembra avere le idee chiare. C'è lo zampino di Mario Monti e di Stefano Rodotà. Il portavoce di Romano spiega: "Da un esponente di Scelta Civica raccolgo l'informazione che da parte di Monti ci sarebbe stata la disponibilità a votare Prodi, se fossero state date garanzie sul reincarico a Monti". Il Professore (bocconiano), insomma, al centro di uno scambio che però il Professore (di Bologna), spiega Zampa, "lascia cadere nel vuoto". Il grillino - Quindi il capitolo-Rodotà, idolo grillino prima di trasformarsi in "zombie scongelato e uscito dalle catacombe" (Grillo dixit). Il candidato delle 5 Stelle fece capire a Prodi che non si sarebbe ritirato dalla contesa quirinalizia a meno che non fossero i grillini a chiederlo. "Per parte mia non sarò d'ostacolo qualora il M5S voglia prendere in considerazioni soluzioni diverse", disse Rodotà a Prodi. Una posizione che sorprese anche Beppe Grillo: "Pensavo che Rodotà rifiutasse la candidatura, perché lui e Prodi sono amici". Ma non andò così. Il piano di chi sosteneva Prodi contava, e non poco, su una covergenza con i grillini. Ma Rodotà restò in pista. Prodi venne impallinato. Il resto è già storia.

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