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Meloni al congresso di Trieste: chiede liste pulite, zero inciuci e un piano per la natalità

Giovanni Ruggiero
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Cerca spazio, Giorgia Meloni. Per essere «la terza via tra il moderatismo di Forza Italia e la Lega di Salvini». A Trieste, per il secondo congresso del partito, davanti a quattromila delegati, la leader di Fdi ha lanciato la sfida dei «patrioti» contro i «traditori». E ha fatto il punto in vista della campagna elettorale, dettando agli alleati le sue condizioni. «Noi chiediamo», ha detto dal palco, «concretezza, coerenza e onestà». Concretezza vuol dire un programma chiaro, all' insegna del «prima gli italiani». Un programma che sia caratterizzato da un «importante piano per la natalità». Coerenza significa il famoso patto anti-inciucio, per evitare, dopo il voto, possibili intese col Pd ma anche coi Cinque Stelle. E infine l' onestà, la battaglia sulle liste pulite, che si traduce nella richiesta di una «selezione seria sulle liste elettorali», fatta attraverso un comitato che passi al vaglio tutte le candidature. La questione della leadership, invece, viene dopo. Lei resta candidata premier. Però, ha spiegato, «non siamo interessati a partecipare alla gara a chi è più forte, sono cose che piacciono ai maschi». Assenti Berlusconi e Salvini, a portare il saluto degli alleati sono stati Mariastella Gelmini, il leghista Massimiliano Fedriga e il governatore della Liguria Giovanni Toti, tutti d' accordo sulla necessità di stare insieme. Anche la Meloni ha detto di voler vincere col centrodestra. Ma poi, finito il suo discorso, ha confidato di pensare ancora all' ipotesi di andare da sola: «Fuori dalla coalizione c' è più spazio, ma senza di noi non si vince. La cosa più importante è il bene del Paese». Di certo la legge elettorale spinge a cercare di differenziarsi dagli alleati. E la leader di Fdi non si è tirata indietro. Sull' Europa (e sull' euro) ha punzecchiato «chi pensa che la Merkel sia un interlocutore», e ha spiegato di guardare «più a Visegrad che a Bruxelles». Ma ce n' è anche per la Lega: «Non mi appassionano le spinte autonomiste, la patria è l' ultimo argine alla deriva mondialista. Non è un caso che per l' indipendenza della Catalogna ci siano Soros e Grillo. Noi siamo sempre in prima fila contro chi vuole metterci uno contro l' altro». La proposta di Fdi, quindi, è diversa: «Noi vogliamo il federalismo patriottico, municipale. Voglio aiutare le imprese del nord a investire al sud. Chi apre una seconda sede nel Meridione deve pagare meno tasse». E ha citato Almirante: «Fece nove ore di intervento, da solo, per mettere in guardia gli italiani dai rischi di un certo regionalismo. Siamo rimasti su queste posizioni». Il nemico principale, comunque, resta la sinistra, che si aggrappa alla «coperta di Linus» dell' antifascismo e che al governo, dopo il «golpe del 2011», ha fatto solo disastri. Sulle banche la Meloni vuole fare una commissione anche nella prossima legislatura, per rendere pubblici i nomi dei debitori insolventi. Sulle pensioni, d' accordo con Berlusconi, propone di alzare le minime. E c' è il grande tema dell' immigrazione («contro i clandestini pronti ad alzare muri e a scavare trincee») e dello ius soli: «Solo chi detesta la patria poteva immaginare una legge così. I bambini usati come scudi umani per dare la cittadinanza a tutti. Contro lo ius soli abbiamo raccolto più di centomila firme, la settimana prossima le porteremo da Mattarella». Il tema dell' immigrazione è quello che ha scaldato di più la platea del congresso e ha provocato gli applausi più convinti. La più fischiata, invece, è stata sicuramente Laura Boldrini. Con la quale la Meloni non è stata tenera: «Si copre la testa davanti agli imam ma dal Papa ci va in ciabatte. Vada in Arabia Saudita». Qualche fischio, poi, è arrivato anche quando sullo schermo, in una foto di una manifestazione di An, è comparso Gianfranco Fini. Pensava a lui, Giorgia Meloni, mentre rivendicava di aver «messo in sicurezza la destra italiana», che senza Fdi rischiava «di restare fuori dal Parlamento dopo 70 anni». Vinta questa sfida, ora il partito si prepara alla "fase due". dal nostro inviato a Trieste, Alberto Busacca

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