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Alfano, il retroscena sull'addio: partito sorpreso, aveva avvisato solo la moglie. Con chi andranno ora i suoi

Giulio Bucchi
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«Non starò seduto tra i banchi del prossimo Parlamento perché ho deciso di non ricandidarmi alle elezioni». Di questo annuncio, Angelino Alfano aveva avvertito solo la moglie - «che condivide. Anzi, di più» - e i genitori. Poi prima di entrare nello studio di Porta a Porta per la registrazione della puntata andata in onda ieri sera, il ministro degli Esteri ha avvisato anche Paolo Gentiloni (ma non Matteo Renzi, con il quale ha rotto da tempo: «Non avevo dovere di comunicazione con lui). Pure il suo partito, Alternativa popolare, lacerato da una divisione interna che da settimane impedisce di tenere la direzione nazionale che deve pronunciarsi sulla strada da imboccare per le elezioni, è stato tenuto sostanzialmente all' oscuro dell' addìo del leader. Alfano, almeno nella prossima legislatura, tornerà all' attività di avvocato nello studio legale che condivide con la moglie in Sicilia. Il numero uno di Ap motiva così la sua decisione alla vigilia della nuova convocazione della direzione: «Voglio dimostrare con un gesto che tutto ciò che abbiamo fatto è stato motivato da una profonda responsabilità verso il Paese». E non, sottinteso, da quella «caccia alla poltrona» di cui parte del centrodestra l' ha accusato per tutta la legislatura. «Hanno influito anche gli attacchi che io sono convinto siano stati ingiusti», aggiunge non a caso Alfano: «Mi riprendo un pezzo della mia vita, fuori dal Palazzo». Ma questo non significa che lascerà la politica: «Farò campagna elettorale». Molto dipenderà, tuttavia, da cosa deciderà la direzione di Ap, convocata per lunedì prossimo per scegliere tra le due opzioni sul tavolo: una corsa solitaria al centro, a caccia del 3% che consentirebbe di entrare in Parlamento, oppure la prosecuzione dell' alleanza con il Pd. Programmata per il 24 novembre, la riunione decisiva è già slittata un paio di volte per la spaccatura interna tra gli autonomisti anti-Pd - l' ala lombarda capitanata da Maurizio Lupi e Roberto Formigoni - e i governativi (Beatrice Lorenzin, uno dei nomi che girano per la successione di Alfano, e Fabrizio Cicchitto su tutti). Cosa farà Alfano se, in caso di conta, prevalesse il gruppo che strizza l' occhio al centrodestra, dove un peso decisivo lo gioca quel Matteo Salvini con il quale il ministro degli Esteri - ricambiato - non vuole più avere a che fare? In serata Ap ha convocato la segreteria. L'«approfondimento» proseguirà «in questi giorni». Ora sul piatto c' è anche la leadership del movimento. «Non guiderò io il partito», aggiunge infatti il ministro. «Lunedì bisogna decidere e credo che saremo la maggioranza», forza i tempi Formigoni, che dopo aver lodato Alfano - «provo affetto e rispetto per lui, scelta difficile» - sfida gli avversari interni: «Noi abbiamo già scelto. Bisogna rompere l' alleanza con il Pd e lavorare per un' altra collocazione». Questa: «Costruire un centro autonomo, alternativo alla sinistra, in grado di raggiungere il 3% e disponibile ad un' alleanza successiva con il centrodestra». Un cartello «moderato, popolare, liberale, nel nome del Ppe, aperto a Fitto, Cesa, Parisi e Costa». Quanto ai «governativi», non è più tempo di trattative: «Lorenzin, Cicchitto e altri vogliono andare con il Pd? Vadano pure, siamo in totale dissenso». Il passo indietro di Alfano potrebbe provocare il big bang centrista. E Forza Italia è alla finestra. «Porte aperte per chi guarda al centrodestra», filtra dal quartier generale di Silvio Berlusconi. di Tommaso Montesano

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