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Bruno Vespa, la profezia nera su Silvio Berlusconi: "Se molla Matteo Salvini...". Perché dovrebbe fidarsi

Andrea Tempestini
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Se esiste un amico di cui Silvio Berlusconi farebbe bene a fidarsi, in questo suo tormentato decorso post elettorale, costui è Bruno Vespa. E il conduttore di Porta a Porta, che gli vuole bene da almeno un ventennio, che lo conosce a fondo e lo frequenta con il guicciardiniano “buono e perspicace occhio” tipico dei sodali più discreti, ieri gli ha servito sulle colonne del Giorno un piccolo palinsesto di consigli. Il più importante dei quali è un monito: «Se salta l'alleanza, Berlusconi rischia l'emigrazione di molti dei suoi verso la Lega». Vespa si riferisce naturalmente all'alleanza berlusconiana con l'arrembante Matteo Salvini, nuovo leader del centrodestra per manifesta volontà delle urne, mai così vorace come adesso: non gli basta la premiership in pectore riconosciuta a malincuore dagli alleati di centrodestra, vuole anche la presidenza d'una Camera per un suo prescelto ed è disposto a barattare l'altra con i Cinque stelle, pur di essere accontentato. Il Cavaliere non vuol farsene una ragione: come scrive Vespa, “mai lui il Pd si sono amati come in questo momento. Ma sono fidanzati poveri e non hanno i soldi per sposarsi”. Leggi anche: Bisignani: "Occhio, chi potrebbe diventare premier" NAZARENO DEI POVERI Il loro è il Nazareno degli ammaccati che non si rassegnano al ruolo di comprimari e fanno il tifo per un governissimo di ultima istanza, architettato dal presidente Mattarella e finalizzato ad annacquare le velleità di potere del fronte populista. Tutto può essere, tutto si può sperare e anzi Vespa sembra parteggiare senza riserve per Berlusconi. Ma con l'acuta prudenza di chi conosce bene le leggi della politica e i moti ondosi dei Palazzi romani: “Il Cavaliere deve giocare con cautela le sue carte”. Come Gianni Letta e pochi altri campioni della Repubblica romana, una sorta di Stato nello Stato che svolge le proprie liturgie nei salotti televisivi o nelle più acquartierate terrazze della Capitale, Vespa è forse il più attendibile dei consiglieri. Il suo format su Raiuno ha accompagnato per ventidue anni la carriera berlusconiana, consacrandone i momenti topici come il famoso “contratto con gli italiani” del 2001, replicato su scala minore anche alla vigilia delle ultime elezioni. Il tutto sotto una scintillante patina di terzietà istituzionale: non per caso Porta a Porta è riconosciuto da sempre come “la terza Camera”; sicché Vespa lo si può dire, senza temere smentite, è la quarta carica dello Stato. È il maestro cerimoniere di una trasmissione lattiginosa nella quale Berlusconi ama accomodarsi, doviziosamente illuminato da una scenografia azzurrocielo che fa d'ogni ospite un cherubino, e che solo Barbara D'Urso è riuscita a replicare con successo su Mediaset (ma lì gioca in casa...). Gran sacerdote del culto governativo purchessia, eppur moderatissimo sin nelle fibre del suo essere, Vespa è il miglior garante e il più accreditato biografo della nazione berlusconiana, senza tessere e senza inganni, e con una gentilezza di tratti bipartisan che - lui non lo ammetterà mai perché è un signore - il renzismo oggi declinante ha cercato a suo tempo di rottamare ma è riuscito soltanto a vilipendere un poco. SEGNALE DI FUMO Nel suo editoriale sul Giorno, Vespa è come se lanciasse un ultimo segnale di fumo al suo beniamino di Arcore che, immusonito e pensoso, osserva un cielo fosco dalla torre del silenzio; è come se gli dicesse: Silvio caro, in nome della nostra consuetudine di buone maniere e alta costumatezza, ascolta il tuo Bruno, l'uomo che ha saputo presentare alla famiglia italiana la tua gloria, le tue discese ardite e le tue risalite, chiedendoti in cambio poco più che affetto (e l'annuale presentazione del mio libro-strenna natalizio, suggello di bontà festiva); ascoltami, dicevo: Matteo Salvini è il re di un nuovo grande popolo, ma ancora è senza corona; e tu sei la corona di un regno senza esercito ma con un discreto numero di ufficiali in cerca di sicurezza e prosperità; le vostre esigenze si combinano e tu sai già cosa fare, dunque fallo. Se lo dice Bruno Vespa, l'apostrofo rosa tra la parola Silvio e la parola Berlusconi, c'è da ascoltarlo. di Alessandro Giuli

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