Tasse, l'Ocse vuole una patrimoniale per l'Italia. Gli amici di Padoan puntano ai nostri depositi
La via etica al balzello. Il lato nobile della gabella. Il compianto ministro dell' Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, sosteneva, una decina di anni fa, che «le tasse sono una cosa bellissima». Ieri l' Ocse ci ha spiegato che le imposte non sono solo belle, ma anche giuste. In particolare quelle che colpiscono la proprietà, il patrimonio, i beni guadagnati ora o in passato, perché riducono la disuguaglianza e assottigliano la forbice tra poveri e ricchi. Leggi anche: Così la Commissione Ue sta per aumentare l'Iva in Italia L'invito a tassare le case e i quattrini piuttosto che il reddito non è una novità. Sono anni che la tesi è sostenuta dagli euroburocrati della Commissione Ue e dai principali organismi internazionali. Fino ad ora, però, l' esortazione era mascherata da un sottile ragionamento di filosofia tributaria, basato sull' idea che lo spostamento dei balzelli dalle persone alle cose sia un modo meno iniquo di esercitare un prelievo comunque sofferto e doloroso. Ora, invece il ragionamento elaborato dai vecchi colleghi del nostro Pier Carlo Padoan, che dell' Ocse era vicesegretario generale, ricorda vecchie teorie sociologiche dal sapore veterocomunista: togliere ai ricchi per dare ai poveri. Dopo aver spiegato che, in generale, la necessità di adottare «una tassa sulla ricchezza netta» è minima nei Paesi dove sono applicate su larga scala le tasse sui redditi e sui capitali personali e dove le tasse di successione sono ben disegnate, mentre, al contrario, potrebbe funzionare ed essere utile dove la tassa di successione non esiste (in Italia c' è una franchigia a 1 milione di euro) e dove le tasse sulla casa sono particolarmente basse (e anche qui l' Italia è chiamata in causa), gli esperti dell' Ocse si avventurano sullo scivoloso terreno dei giudizi politici. «Oltre alle considerazioni fiscali», si legge nello studio, «potrebbe esserci anche una maggiore giustificazione per un' imposta patrimoniale netta in un Paese che mostra alti livelli di disuguaglianza della ricchezza come un modo per ridurre i divari a un ritmo più veloce». La tesi è di quelle che fanno strabuzzare gli occhi. Pensare di ridurre il divario sociale sottraendo risorse a chi ha di più, invece che creando le condizioni per un arricchimento delle fasce più deboli è una teoria che neanche a Cuba riscuote più tanto successo. «Noi viviamo in un Paese in cui le ci sono già», hanno ricordato a stretto giro i presidenti di Confindustria, Vincenzo Boccia, e quello di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. Ma l' idea è paciuta molto, manco a dirlo, alla Cgil: «Riteniamo indispensabile un intervento che tassi le grandi ricchezze per ripristinare l' equità fiscale nel nostro Paese». Viva le tasse. di Sandro Iacometti