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Paolo Becchi: "Staffetta Salvini-Di Maio unico modo per risolvere impasse governo"

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Matteo Legnani
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Tramontata speriamo l' ipotesi - assurda e contraddittoria - di un «terzo» uomo al governo, non resta, come unica e coerente soluzione, che la staffetta: un governo politico, per metà legislatura guidato da Di Maio, e per la restante metà da Salvini. Che sia il leader 5 Stelle, a dover cominciare, segue dal risultato del voto: la sua è la prima forza politica in Italia, ed è giusto e democratico che sia lui a cominciare. A metà legislatura, poi, le parti si invertiranno, e sarà Salvini a condurre a termine l' esperienza di governo. L' accordo sul programma si trova; l' accordo sulla «staffetta», credo, si possa raggiungere. L' unico problema serio che resta, è quello degli alleati, di quella coalizione di cui Salvini continua a fare parte. Un governo di legislatura, come quello cui pensano Salvini e Di Maio, ha bisogno di una maggioranza stabile, la quale - dopo che Berlusconi riabilitato è, di fatto, passato all' opposizione - può essere garantita solo dai voti di Fratelli d' Italia. Fdi deve, dunque, entrare nell' accordo di governo. Leggi anche: Vittorio Feltri: "Staffetta Di Maio-Salvini? Il modo migliore per farci ridere dietro dal mondo" Ma come, senza urtare le sensibilità del Movimento? Anzitutto - ma su questo punto pare che le trattative siano già in corso - con l' ovvia presenza di almeno un suo rappresentante all' interno del governo, e magari con un ulteriore aumento in quella che sarà, nella seconda parte di legislatura, la squadra guidata da Salvini. C' è però un secondo punto, che va affrontato. Di Maio ha, fin da subito, posto quale condizione per l' accordo quello della sottoscrizione di un «contratto» di governo sul modello tedesco, per il quale ha individuato come unica controparte la Lega di Salvini. Il problema, allora, è quello di trovare il modo di far sì che Fdi possa entrare nel contratto, possa sottoscrivere un accordo che - secondo l' impostazione del M5S - deve restare tra due parti, ossia Salvini e Di Maio. La soluzione potrebbe essere quella di separare, di distinguere i due momenti di questo accordo politico, i suoi due diversi aspetti: quello genetico e quello funzionale. Il primo (momento genetico), è quello dell' accordo sul governo, dell' accordo, cioè, relativo alla «staffetta» tra i due leader, e che riguarda tutte le pattuizioni relative al modo di formazione dei due governi che si succederanno, delle modalità di scelta dei ministri (tra cui certamente anche esponenti di Fdi), etc. Poiché tale accordo ha ad oggetto la nascita del governo, ed ha come contenuto anche la «staffetta», esso sarà sottoscritto unicamente da Salvini e Di Maio nel contratto di governo. Il secondo (momento funzionale), invece, è quello dell' accordo sulla legislatura, ossia dell' accordo relativo al programma politico che le forze politiche che parteciperanno ai governi Di Maio e Salvini si impegneranno a realizzare. Esso ha dunque un oggetto diverso dal primo, e riguarda lo scopo del governo (e non la sua formazione), con la conseguenza che dovrebbe essere sottoscritto anche da Fdi. Insomma, sul modello della differenza - comune nel diritto - tra «sinallagma genetico» e «sinallagma funzionale», si potrebbe immaginare un contratto di governo articolato su questi due momenti: l' uno, relativo alla formazione del governo ed avente ad oggetto il modo in cui si regolerà, nel suo complesso, la «staffetta»; l' altro, relativo al funzionamento del governo ed avente ad oggetto lo scopo comune alle parti che vi entreranno, anche progressivamente, a farne parte (salvo ovviamente il consenso delle parti originarie). Il primo sarebbe sottoscritto solo da M5S e Lega, mentre il secondo recherebbe la sottoscrizione delle forze politiche che entrerebbero a far parte della coalizione di governo, previo - va ribadito - consenso delle due parti. È evidente che non si tratti, semplicemente, di una questione «formale»: in gioco c' è, piuttosto, il complicato rispetto delle alleanze pre-elettorali, il rapporto di ciascun partito con i suoi elettori. Ma a far nascere il primo governo sovranista della storia italiana, può forse bastare, ormai, solo un contratto ben congegnato. di Paolo Becchi

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