Le grane di Di Maio
Roma, 22 giu. (AdnKronos) - Nervi tesi nel Movimento 5 Stelle. Dalla mancanza di democrazia interna (lamentata dai malpancisti) alla linea securitaria adottata dal governo M5S-Lega in materia di gestione dei flussi migratori e campi rom, passando per le nomine del sottogoverno e dei vertici delle commissioni parlamentari, sono tanti i temi che agitano gli animi dei parlamentari grillini. Lo stesso leader del Movimento Luigi Di Maio è diventato oggetto di critiche, accusato dai suoi di aver concentrato troppo potere nelle proprie mani e di essere incapace di sostenere il confronto con il partner di governo Matteo Salvini. Tanto che nelle ultime ore sta raccogliendo consensi la proposta, lanciata dalla senatrice Elena Fattori, di rimettere mano allo statuto del gruppo parlamentare. "Ora che siamo al governo, c'è bisogno di più condivisione: per questo credo che sarebbe saggio e costituzionale cambiare il nostro statuto e il nostro regolamento per condividere alcuni poteri oggi concentrati nelle mani di Di Maio", aveva spiegato ieri Fattori ai microfoni delle web tv di Repubblica e Fatto Quotidiano. Interpellata dall'Adnkronos in Transatlantico alla Camera, Fattori aveva ribadito la necessità di "tenere separata la sfera governativa da quella parlamentare", alla luce del duplice ruolo di capo politico 5 Stelle ed esponente del governo ricoperto da Di Maio. Le ha fatto eco la collega Paola Nugnes: "Di Maio disse che ci sarebbe stato modo di rivedere il regolamento. E molti, soprattutto i nuovi, mi hanno detto di averlo votato proprio perché era stata data questa apertura", ha spiegato all'Adnkronos la senatrice campana, secondo la quale occorre "aprire la discussione" sul regolamento con l'obiettivo di ampliare "la partecipazione ai processi decisionali". L'idea di ridiscutere le regole interne trova d'accordo anche il deputato Andrea Colletti: "Già all'epoca ho detto che il regolamento era sbagliato. Per forma mentis sono disponibile alla riapertura di qualunque discorso". Ma la replica di Di Maio non è tardata ad arrivare. "Dobbiamo cambiare il Paese, non il Movimento. Siamo al governo - ha detto ieri sera il leader pentastellato all'assemblea congiunta - Adesso dobbiamo fare i fatti e cambiare il Paese, siamo al governo e i fatti li fanno anche i parlamentari che devono lavorare nelle Commissioni e approvare le leggi". "Ho sempre cercato di ascoltare ma ascolto i consigli, non i piagnistei - ha aggiunto, replicando ai malumori interni - il Movimento è nato per cambiare il Paese - ribadisce - noi ora siamo maggioranza, non ci sono più scuse, o ottieni i risultati o non li ottieni. Con le proposte di legge, gli emendamenti e l'azione di governo si cambia il Paese". A difesa del leader pentastellato l'ex deputato del M5S Alessandro Di Battista. "Dai ministri del Movimento 5 Stelle pretendo un atteggiamento di lotta ancora più ostinato. Quello che sta dimostrando Luigi tra l'altro, il quale combatte sempre come un leone" ha scritto il grillino in un lungo post su Facebook, in cui etichetta come "fuorviante" un dibattito politico tutto incentrato sulla questione migranti. Accantonate quindi, almeno per il momento, le tensioni interne al Movimento. Ma i malumori potrebbero riemergere nelle prossime settimane, soprattutto alla luce dei sondaggi che premiano il partner di governo Salvini, sempre di più protagonista della scena politica.