Luigi Di Maio va in Egitto, "lo prendono tutti per il c***": pesci in faccia, lui ride
Alla disperata ricerca di un palcoscenico da rubare allo straordinario attivismo mediatico di Matteo Salvini, Luigi di Maio si è avventurato ieri in una missione egiziana nella quale il suo dilettantismo è emerso come non mai. Il nostro vicepresidente del Consiglio, senza averne alcun titolo, se non la sua bramosia di titoli di prima pagina, se ne è infatti volato al Cairo per incontrare al Sisi. Al termine dell' incontro, incredibilmente, ha fatto regalo al dittatore-presidente egiziano del massimo riconoscimento che possa mai venire da un esponente di governo italiano. Ha infatti dichiarato - sul serio, senza avvertire che si trattava di uno scherzo di cattivo gusto - che al Sisi gli ha detto: «Regeni è uno di noi!». Testuale. Prudenza - Ora, chiunque può dirlo, anche in Egitto, tranne al Sisi che palesemente, da anni, è al vertice della piramide che tutto e di più ha fatto per impedire che si faccia luce sull' orribile morte del ricercatore italiano. Ma di Maio, che prima di entrare in politica raramente deve avere lasciato la cinta daziale di Pomigliano d' Arco, non solo ha creduto alla boutade ipocrita di al Sisi, ma l' ha anche rilanciata con forza, attribuendo buona fede a un al Sisi che ancora sghignazza in cuor suo per la dabbenaggine del vice premier italiano. Se Di Maio avesse un minimo di pratica del mondo, avrebbe seguito la linea prudente tenuta da tutti i suoi predecessori di governo in visita ad al Sisi, Gentiloni, Minniti, persino Alfano: prudenti parole di affidamento sulla volontà egiziana di fare luce sul caso Regeni. Nulla di più, per non sbilanciarsi. Ma non basta, Di Maio ha anche spiegato il perché di questa sua gaffe pro al Sisi: gli immensi giacimenti di metano nella cui scoperta e sfruttamento è pienamente coinvolta l' Eni. Giacimenti - «L' Egitto è un Paese che ci è sempre stato amico. Ci vede come uno dei Paesi più amici e le nostre relazioni possono essere un' occasione ulteriore per stabilizzare la situazione in Libia. Le scoperte che l' Eni sta facendo qui ci fanno apprezzare tantissimo. Gli investimenti fatti, soprattutto nel periodo in cui altri sono andati via, ne fanno un fattore produttivo importantissimo per il Paese. La normalizzazione dei rapporti tra Italia ed Egitto - insieme al piano d' investimenti messo a punto dal governo egiziano - potrebbe essere utile anche per creare nuove occasioni, non solo per le nostre aziende di Stato ma anche per le piccole e medie imprese». Insomma, «non olet», abbagliato, da parvenu della politica quale è, dalla massa straordinaria di proventi da metano per l' Eni, e dalle commesse miliardarie a imprese italiane che l' Egitto si appresta a firmare grazie appunto alla vendita del metano - vera ragione della sua avventura egiziana - Di Maio ha voluto regalare ad al Sisi la incredibile patente di garante pieno della ricerca della verità su Regeni. Interessi - Beninteso, è interesse strategico pieno dell' Italia, sfruttare a pieno le enormi risorse metanifere dell' Egitto e firmare con le imprese italiane gli enormi contratti per infrastrutture che l' Egitto ha già in vista. Per questo, nel nome dell' interesse nazionale, Gentiloni decise a suo tempo di riprendere le relazioni diplomatiche interrotte col Cairo dopo l' omicidio Regeni. Ma est modus in rebus. Un conto è premere su al Sisi perché finalmente cessi di coprire i dirigenti dei suoi Servizi palesemente responsabili dell' omicidio Regeni. Tutt' altro conto è riconoscere ad al Sisi la patente di amico, quasi parente, del povero ricercatore italiano come Di Maio ha fatto. Inguaribile, intollerabile dilettantismo. di Carlo Panella