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Alessandro Di Battista, il piano diabolico per far saltare il governo: l'incubo dei "responsabili"

Gino Coala
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Il ritorno in Italia di Alessandro Di Battista potrebbe coincidere con il punto di rottura definitivo nel governo tra Lega e Movimento Cinque Stelle. Secondo un retroscena del Giornale, l'ex parlamentare grillino sarebbe impegnato a coordinare un piano per sabotare l'alleanza che tiene in piedi il governo con la data di detonazione prevista per fine anno. Leggi anche: Alessandro Di Battista, l'annuncio: "Torno in Italia a Natale, ma non mi candido alle Europee" Il calendario bellicoso di Di Battista procede da tempo a ritmi serrati e punta dritto alla fine del 2018, quando una volta approvata la Manovra dopo settimane di tensioni, basterà un pretesto per far implodere il patto Lega-M5s, così da portare gli alleati di governo fino alle elezioni di primavera da separati in casa. In parecchi hanno già trovato i primi segnali del piano diabolico di Dibba nelle dichiarazioni sul Tap, quando il Che Guevara della Tuscia ha ostentato le scuse nei confronti degli elettori salentini per aver "tradito" le promesse urlate dai palchi in campagna elettorale. Lo zampino di Dibba sarebbe stato notato nella rivolta delle fronda grillina in parlamento che minacccia di non votare il decreto sicurezza alla Camera. A spingere Di Battista a darsi una mossa sono stati da un lato i sondaggi, che ormai danno i grillini in caduta libera rispetto ai leghisti, e poi la prospettiva che di qui a breve possa nascere un governo di chiara impronta centrodestra, con il sostegno di una pattuglia di grillini "responsabili". Un gruppetto di 48 parlamentari, secondo quanto hanno riferito a Dibba in Sud America, la cui esistenza sarebbe stata svelata dal leghista Giancarlo Giorgetti a un deputato Pd del Sud. "Con quale affidabilitù ci ripresentiamo agli italiani - sarebbe stato lo sfogo di Di Battista - se una parte dei nostri parlamentari, una volta eletti, cambia casacca?". I primi indiziati dell'alto tradimento sarebbero i parlamentari grillini al secondo mandato, che non sono per niente intenzionati a farsi mettere alla porta alle prossime elezioni per le regole dello statuto pentastellato. Il clima di rivolta è sempre più percepibile, anche dalle parti del governo. Non a caso Luigi Di Maio si è affrettato a mettere in chiaro che "da leader politico del M5s devo assicurare massima la lealtà del Movimento a questo governo". La puzza di trappolone l'ha sentita anche Matteo Salvini, che ha messo subito in chiaro le sue condizioni: "La Manovra passerà entro il 3 dicembre, oppure salta tutto. Mi rifiuto di pensare che qualcuno voglia tornare indietro". Eppure, qualcuno c'è.

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