Matteo Salvini, la strategia: come trasforma la Lega per arrivare a governare da solo
Centomila metalmeccanici furono portati a piazza del Popolo da Cgil, Cisl e Uil nel lontanissimo novembre del 1969, e fu qualcosa di epocale. Centomila militanti trainò sullo stesso selciato, vent' anni dopo, il Pci, in una delle sue ultime prove di forza. Pochissimi altri, prima e dopo di allora. Sono esibizioni muscolari da grande sindacato, da partito di massa, che oggi non fa più nessuno. Il Pd di Maurizio Martina, a settembre, sul piazzalone ai piedi del Pincio non è andato oltre i quindicimila presenti: tanti per lo spettacolo offerto, un pianto rispetto ai numeri del passato. La Cgil è diventata un' accolita di pensionati, ai quali il freddo e gli acciacchi sconsigliano la mobilitazione; quanto ai Cinque Stelle, per vederne più di venti insieme devi andare sul web o in Val di Susa. Resta solo uno, in grado di farcela. Matteo Salvini ci prova questa mattina. L' ultimo sondaggio, fatto per la trasmissione Piazza Pulita, fotografa il suo partito in ulteriore crescita, al 34,7%, ormai dieci punti sopra agli alleati di governo, in calo al 24,9. Non che significhi molto, per oggi: «Piazze piene, urne vuote», diceva il socialista Pietro Nenni, a indicare che le due cose, il voto e la testimonianza fatta di sudore e fatica, non sempre vanno insieme. Il ministro dell' Interno, però, è sicuro di riuscirci, e se ce la fa è un evento da registrare negli annali della politica. Leggi anche: C'è un tedesco che tifa per Salvini Inizia ufficialmente un' era nuova: quella della Lega grande partito popolare e nazionale, l' unico rimasto in questo Paese. Pronto a dare la scalata all' Italia, senza più alleati con cui litigare ogni giorno, e all' Europa, dove i "sovranisti" hanno l' ambizione di governare il continente assieme ai conservatori del Partito popolare. Si chiude un' altra epoca, al contempo: quella della Lega campione dell' antipolitica, che promette di ribaltare lo status quo. IL CERCHIO SI CHIUDE Perché c'è poco da fare l'antisistema, quando oltre un terzo degli elettori dichiara di voler votare per te, il ceto medio ti ha incoronato suo rappresentante e tu riempi la piazza più simbolica d' Italia chiamando a raccolta i militanti dalle sezioni locali e caricandoli sui pullman e sui treni, come facevano i partiti di una volta. Se la prova di forza funziona, Salvini e la Lega devono prendere atto che il nuovo establishment sono loro. Per chi cerca un senso nella Storia, è il cerchio che si chiude. La Lega è nata del 1989, in tempo per vedere la fine della Democrazia cristiana e dei suoi alleati e assistere alla lunga agonia del Pci e dei suoi discendenti. Durante questi decenni l' Italia ha messo alla prova e bruciato ogni prototipo di possibile classe dirigente: l' imprenditore privato Silvio Berlusconi, il mandarino del parastato Romano Prodi, i tecnocrati alla Mario Monti, il rottamatore giovanilista Matteo Renzi. E ci sono già i segni del declino dei figli dei social network, tanto bravi con le invettive quanto incapaci ad amministrare. MODELLO TRADIZIONALE Si riparte da un leader che nella propria vita ha fatto solo politica, alla guida della formazione più vecchia tra quelle ancora in attività, radicata in 1.500 sezioni sparse in tutta Italia e non attorno a un sito web. La rivincita del modello tradizionale di partito, seppure attrezzato nei valori e nei programmi per il mondo nuovo dei Vladimir Putin e dei Donald Trump. Così, nel discorso che Salvini farà oggi dal palco addobbato col tricolore, non ci saranno toni incendiari, attacchi polemici o ribellioni da cavalcare, ma solo la rivendicazione delle cose buone fatte in questi mesi di governo e messaggi tranquillizzanti per il futuro, indirizzati a famiglie con anziani e bambini e agli imprenditori spaventati dalle ricette grilline. È la Lega che prova a diventare una «forza tranquilla», per rubare lo slogan ai socialisti francesi. Un cammino lungo, che inizia oggi a Roma e potrebbe portare ovunque. di Fausto Carioti