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Luigi Di Maio, la produzione industriale è ko ma lui annuncia l'arrivo di un "boom economico"

Cristina Agostini
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Probabilmente non ve ne siete accorti. «Ma un nuovo boom sta per arrivare». Mica chiacchiere in libertà (o forse sì) ma il frutto del pensiero del ministro che ha la responsabilità dello sviluppo economico del Bel Paese: Luigi Di Maio che ieri, di fronte ai segnali di recessione in arrivo dai dati della produzione industriale, ha spiegato ai consulenti del lavoro che come negli anni '60, avevamo le autostrade, ora la nuova sfida sono le autostrade digitali. Poco male, insomma, se la crisi minaccia di ricacciare l' industria italiana ben al di sotto dei livelli, mai superati, del 2011. Facciamocene una ragione, scegliendo un altro terreno di gioco, cioè quello in cui la nostra fantasia si può sbizzarrire, dice prendendo a prestito le parole di Enzo Ferrari. «L' Italia - conclude - deve essere in prima linea in questo clima di cambiamento globale». Nell' attesa di diventare una "smart nation", come sogna Di Maio, l' Italia sembra destinata a finire in una spirale di crisi assai seria e di difficile soluzione. Leggi anche: "Chiamategli uno psichiatra". Minzolini, legnate a Di Maio: come riduce il vice grillino DATI IN ROSSO - A novembre l' Istat ha certificato che la produzione industriale è scesa dell' 1,6% rispetto ad ottobre, del 2,6% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Si tratta del calo più robusto da quattro anni a questa parte e rappresenta un' ipoteca pesante sui risultati dell' ultimo trimestre, probabilmente in rosso. È un calo generale che ha coinvolto tutti i settori, con l' eccezione dell' alimentare, particolarmente grave per l' auto, su cui hanno pesato gli effetti della guerra dei dazi. Certo, la crisi non è solo italiana: anche Francia -1,3% e Germania -1,9% hanno pagato a caro prezzo il rallentamento della congiuntura, specie dalla Cina. Ma gli altri Paesi dell' Eurozona sono reduci da anni di crescita che hanno permesso da tempo di cancellare gli effetti della crisi. L' Italia, invece, non è mai tornata ai livelli del 2011 e rischia ora di avvitarsi al ribasso. «Se il dato del quarto trimestre confermerà che la tendenza positiva del pil avviatasi dal 2015 si è nuovamente invertita - ammonisce Gian Franco Quaglieno, presidente del centro studi Promotor - per l' Italia, unica tra le economie avanzate, la crisi iniziata nel 2008 assumerà un profilo non più a doppia V ma ancora più preoccupante». VIA D' USCITA - Come fare? I responsabili dello sviluppo economico di altri Paesi, evidentemente meno smart, meditano di affrontare la congiuntura con incentivi (vedi il piano cinese sull' auto) ed interventi sulla fiscalità nella convinzione, universalmente condivisa, che gli investimenti nelle infrastrutture rappresentano un' arma insostituibile per la crescita. Ma il nostro Di Maio la vede in maniera diversa: il crollo della produzione industriale dimostra, a suo dire, che non c' è più bisogno di infrastrutture su cui far correre le merci. Il nuovo boom sarà basato sulle nuove tecnologie, le startup innovative e la banda larga. Belle cose, senz' altro necessarie. Ma che fanno anche i nostri concorrenti, senza per questo rinunciare a far viaggiare merci e persone. E a preoccupasi elle emergenze economiche di oggi, non solo dei sogni di domani. «Questo è il terreno in cui la nostra fantasia si può sbizzarrire» ha aggiunto convinto sfoderando la citazione del papà del Cavallino rampante, cioè quel che è più lontano dalla retorica del nostro, l' ipotesi di una crescita oltre le aspettative: «Io credo che un nuovo boom economico possa nascere» dalla creazione di «autostrade digitali, come negli anni '60 ci fu un boom con le autostrade» che collegavano le diverse zone del paese. Di Maio cita Ferrari ma il sogno del "Drake" è ben lontano dalle fasulle promesse grilline. «Il lavoro è la grande sfida che dobbiamo affrontare». di Ugo Bertone

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