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Giulia Bongiorno, la proposta per ribaltare la magistratura: un test psicologico ai giudici

Davide Locano
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Occorre una svolta nei criteri di selezione dei magistrati. La invoca Giulia Bongiorno, celebre avvocato e ora ministro della Pubblica Amministrazione. Ieri, durante il suo intervento alla scuola di formazione politica della Lega a Milano, ha proposto di cambiare: «Spero ci possa essere una nuova riflessione sul metodo di reclutamento della magistratura perché ci servono dei magistrati che siano sempre all' altezza dei loro compiti. Oggi come oggi i magistrati hanno un tipo di concorso solo nozionistico». Invece, a suo parere, «bisognerebbe cercare di fare in modo che ci sia un percorso di tirocinio fatto in modo anticipato rispetto all' esame. Prima si fa il corso di tirocinio e poi si supera l' esame un po' come avviene con gli avvocati». Al termine, insomma, chi ha in affidamento il tirocinante esprime un parere sulle attitudini di quest' ultimo. Inoltre, il ministro ritiene che «bisogna cercare di verificare anche l' attitudine a giudicare, non solo la conoscenza delle norme». Come? L' orientamento del ministro pare sia favorevole a procedere a una valutazione delle caratteristiche psico-caratteriali degli aspiranti giudici, pm, gip e di tutti i candidati a indossare la toga. Leggi anche: "Cosa non può capire": Giulia Bongiorno pialla Di Maio Per ora, soltanto la corrente più moderata dell' Associazione Nazionale Magistrati accoglie favorevolmente la proposta. Magistratura Indipendente (MI), guidata da Antonello Racanelli e Giovanna Napoletano, ha visto da tempo quel che non funziona e afferma: «Registriamo con attenzione le parole del ministro Giulia Bongiorno sulla riforma dell' accesso in magistratura. Da tempo riteniamo necessario riflettere su opportune modifiche al sistema di accesso in magistratura». L' elenco delle criticità del sistema è pronto: «Oggi si entra in magistratura troppo tardi, con evidenti problemi dal punto di vista previdenziale per i futuri magistrati e attraverso un percorso che non appare del tutto adeguato alle nuove sfide». Perciò, MI invita «il ministro della Giustizia a promuovere una seria e tempestiva riflessione sul tema, coinvolgendo la magistratura, l' avvocatura e l' Università», senza peraltro far cenno al mutamento delle procedure selettive. L'AZIONE DEL GOVERNO In realtà, c' è già un un testo approvato dal governo nel dicembre scorso, che ha iniziato il suo iter ed è stato ideato proprio dalla Bongiorno, il disegno di legge «Deleghe al Governo per il miglioramento della Pubblica Amministrazione». In particolare, sia nella fase di reclutamento sia negli avanzamenti di carriera, i servitori dello Stato dovranno misurarsi con test psico-attitudinali per comprenderne le capacità relazionali e l' attitudine al lavoro in gruppo. I TENTATIVI PRECEDENTI Non è la prima volta che si punta a introdurre una griglia di selezione più mirata a tutelare il pubblico. Lo aveva già pensato il ministro della Giustizia Roberto Castelli, in carica fra il 2001 e il 2006, nella sua riforma dell' ordinamento, prevedendo proprio un test psico-attitudinale. Ma allora, era il 2002 e la bozza non entrò in vigore prima del 2005, le battute di Silvio Berlusconi contribuirono ad avvelenare ancora più il clima fra politica e giustizia. Il Cavaliere, come presidente del consiglio dei ministri, il 3 settembre del 2003, aveva detto di ritenere che i giudici sono «doppiamente matti», aggiungendo che «per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato». Una generalizzazione forse spiegabile con l' accanimento giudiziario nei suoi confronti, ma che nel 2008 gli fece avanzare l' ipotesi che i pubblici ministeri «siano periodicamente sottoposti ad esami che ne attestino la sanità mentale». Intanto il Guardasigilli del secondo governo Prodi, Clemente Mastella, nel 2007 aveva già provveduto a stravolgere con modifiche profonde la riforma Castelli, abrogando anche «il test psicoattitudinale, che peraltro non era mai stato applicato», ricorda Castelli, parlando con Libero. In realtà, fa notare, «non si trattava affatto di una norma offensiva od oltraggiosa nei confronti dei magistrati e nemmeno soltanto di una garanzia per i cittadini, ma di un' esigenza che vale per molte altre categorie che esercitano grandi responsabilità, che quindi riguarda anche l' immagine della magistratura». di Andrea Morigi

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