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Giuseppe Conte e Roberto Fico, asse contro l'autonomia delle regioni

Matteo Legnani
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Tre mesi di campagna elettorale e poco altro. E' questo che ci attende di qui al 26 maggio, perchè gli equilibri tra Lega e M5S che tengono in piedi il governo sono tanto precari che anche un refolo potrebbe farli crollare: figuriamoci roba "pesante" come l'Autonomia e la Tav, due partite sulle quali Lega e M5S, rispettivamente si giocano tutto: faccia e voti. Così, "i dossier", ammette a Il Messaggero il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari "slitteranno a dopo le Europee". Sulla partita dell'Autonomia, in particolare, Il Messaggero registra una inedita convergenza tra il presidente della Camera Roberto Fico, che era stato il primo a invocare "un passaggio in Parlamento" del testo su cui la ministra leghista agli Affari regionali e il ministero dell'Economia avevano trovato l'accordo la scorsa settimana, e il premier Giuseppe Conte. Il quale ieri s'è preso un caffè in centro a Roma con Fico e sulla partita dell'Autonomia dice che "occorre pensare a una norma che non metta in crisi l'unità giuridica e quella finanziaria del Paese e che non rischi di aumentare il gap tra Nord e Sud". Matteo Salvini, da parte sua, non molla, ma pare tenersi alla una linea morbida: "Ci sono tante regioni nuove che si stanno avviando a chiedere l'autonomia, anche al Sud. Se c'è bisogno di più regioni e di coinvolgere il parlamento per fare le cose per bene, siamo pronti ad ascoltare tutti". Leggi anche: Autonomia, i vescovi contro la Lega e Matteo Salvini: come boicottano il Nord

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