Ma che fine ha fatto Di Battista? C'è rimasto male e ora smaltisce, come dicono a Roma, dove è rientrato e ha affittato casa nel quartiere Flaminio. Ha iscritto il piccolo all' asilo nido e si divide, un po' fa il mammo, un altro po' il marito e un altro po' il figlio, visto che è socio dell' azienda di famiglia, che non versa in buone acque e ha bisogno di una mano, giacché ha debiti con il fisco e dipendenti pagati in modo strambo. L'unica cosa che si rifiuta di fare è il badante all' amico Di Maio, con cui i rapporti personali sono sempre buoni ma dal quale oggi lo separa ciò che un tempo li unì: la politica. Quando Casaleggio gli preferì l' incravattato Luigino alla guida del Movimento, il bell' Alessandro decise che lo si notava di più se non veniva, e non si presentò alle Politiche, per non bruciarsi il secondo mandato, anche se oggi non sarebbe un problema visto che il tetto alle candidature sta per saltare. Partì per l' America Latina ma si concentrò poco sul viaggio, tant' è che non è riuscito neppure a intuire che Maduro è un dittatore matto che affama il suo popolo e quando i venezuelani sono scesi in piazza contro di lui, Dibba gli ha fatto scudo con la sua lingua. E come poteva capire quelle terre lontane? La sua mente non lo aveva seguito, era rimasta da questa parte dell' Atlantico, dove ogni due per tre ce lo ritrovavamo in collegamento satellitare sulle tv a concionare dei fatti nostri. E se non lo invitavano, si premurava di illuminarci via facebook, mollemente appoggiato su un' amaca a Puerto Escondido. Leggi anche: Di Battista, la rovinosa rottura con Di Maio GUATEMALA, GUATEMALA I viaggiatori sono spiriti inquieti. Dell' altro capo del mondo Dibba si è stufato presto. Non ha anticipato il rientro perché sarebbe stata una figuraccia, ma le ultime settimane in Guatemala sono state un' agonia, l'uomo scalpitava. E infatti, una volta rientrato in Patria, il nostro è ripartito a razzo, quasi fosse stato assente mesi a frequentare un master per prepararsi a rivoluzionare l' Italia. Vacanze di Natale social sulle nevi del Trentino a fare da reggimoccolo a Di Maio. I due hanno perfino videoregistrato un discorso di Capodanno, con Luigi a promettere felicità e Alessandro muto e sorridente a fianco, una velina incappucciata in piumino d' oca. Poi si è gettato anima e corpo nella campagna d' Abruzzo, dove i Cinquestelle l' anno scorso avevano conquistato tutti i seggi. Il tribuno grillino ha riportato il nastro indietro di un anno e agli elettori ha offerto le stesse parole arrabbiate e cariche di promesse pronunciate nella campagna elettorale del 2018. Solo che stavolta il suo partito stava nella stanza dei bottoni e l' esito è stato disastroso. La sua mission da testimonial dell' ala di protesta del Movimento al governo è stata fallimentare. Al punto da convincerlo a non riprovare l' esperimento in Sardegna. Mossa azzeccata, infatti sull' isola, in sua assenza e per sua fortuna, M5S ha fatto ancora peggio che tra l' Aquila e Pescara. E non a caso agli amici oggi Dibba confida di essersi amaramente pentito della scelta abruzzese ma di essere completamente soddisfatto di quella sarda, che ha ripetuto anche per la campagna elettorale in Basilicata, dove si voterà tra dieci giorni. Per la verità però, più ancora delle sconfitte del Movimento, a ferire Alessandro è stato il ko televisivo subìto a Di Martedì qualche settimana fa. Dibba ama andare da Floris, perché il conduttore lo coccola magistralmente, ma l' ultima comparsata del Che Guevara grillino nella trasmissione cult di La7 è stata un disastro. Il pubblico, solitamente caldo e ammaestrato, non l' ha applaudito e Dibba è stato punto nell' orgoglio, o meglio nel narcisismo, suo tratto dominante, al punto da non riuscire a trattenersi e dal rimproverare la gente per non essere stata troppo adorante. Una figuraccia e un messaggio che il tribuno di Cinquestelle ha preso come una lezione, decidendo che gli conviene sparire dalla tv prima che qualcuno lo fischi in diretta. LA MELA AVVELENATA Con le ossa rotte e nubi plumbee all' orizzonte, i grillini ora si chiedono cosa fare di questa risorsa in panchina. Il detto «dagli amici mi guardi Dio che dai nemici mi guardo io» in politica funziona benissimo e infatti a porgere a Dibba la mela avvelenata è stato proprio l' amico fraterno Di Maio, che dopo averlo cancellato insieme a Grillo dall' elenco dei fondatori del partito, nel quale ha inserito solo se stesso e il figlio di Casaleggio, gli ha proposto di candidarsi in Europa in tutti i collegi, come frontman di M5S. Siccome l' uomo è un grande acchiappa-fessi però non è un fesso, sa abbindolare ma è difficile abbindolarlo, ha declinato l' invito. Benché fuori dal Parlamento, Di Battista ragiona ormai da politico consumato, quindi pensa prima ai fatti suoi e poi a quelli altrui, solo se e nella misura in cui coincidono con i propri e si è fatto due calcoli. Appena rientrato era partito in automobile con Giggino alla volta di Strasburgo. Gli epigoni di Thelma e Louise avevano promesso agli elettori di aprire l' Europarlamento come una scatola di tonno. Ora che però Alessandro ha l' occasione di andarci, preferisce restare qui e campare nessuno ha capito ancora come. Il ragionamento è semplice: la candidatura alle Europee garantirebbe a Di Battista cinque anni di stipendio a sbafo, ma Strasburgo gli sta stretta. M5S sarà all' opposizione e non toccherà palla, in più lui perderebbe la ribalta nazionale e la credibilità come rivoluzionario. Il Parlamento Ue per il nostro Che Guevara pentastellato sarebbe l' equivalente dell' ospizio politico, dove giustamente Di Maio vorrebbe confinarlo, per levarsi un competitor e allo stesso tempo per recuperare qualche voto in più in campagna elettorale che permetta al partito di non farsi superare dal Pd. Dibba candidato per Giggino equivale alla botte piena e la moglie ubriaca: un rivale al confino a cui per di più imputare le colpe del certo insuccesso grillino nell'urna. SPENDING REVIEW Ovvio che l' ex enfant prodige di Grillo abbia declinato, ma il problema è cosa fare adesso per ammazzare il tempo e mettere insieme pranzo e cena. Primo obiettivo: abbassare le spese. E infatti Alessandro sta preparando un viaggio in India, dove si vive con poco. A remunerarlo dovrebbero essere articoli che lui scriverebbe per il Fatto di Travaglio, house organ del Movimento e gli anticipi di un libro per la Rizzoli. Insomma, ha da passare la nottata. Dibba è uomo di piazza e non di governo, quindi meglio tenersi lontano. Ufficialmente la sua sparizione ha una nobile motivazione politica: siccome è fuori linea rispetto alla parte governativa di M5S e in disaccordo su tutto con la Lega, dalla Tav agli immigrati, dalla legittima difesa alle tasse, Alessandro fa il beau geste e sta in disparte. Si sacrifica per amore della causa. La realtà è un' altra: Di Battista è convinto che il Movimento si stia schiantando e che prima di morire i grillini andranno da lui in ginocchio pregandolo di salvarli. A quel punto prenderà il microfono e non lo mollerà più finché non lo abbattono. Sarà finalmente il capitano, anche se di un vascello più piccolo, ma siccome M5S è una setta, fino a quel momento è meglio tacere piuttosto che manifestare il dissenso, altrimenti ci si brucia. Guai a illudersi però, l' uomo non sta studiando piani di governo o soluzioni per portare l' Italia al di là del guado. Il piatto forte è e resterà sempre lo stesso: non pensare e sputare fuori tutto quello che gli viene in testa e può essere condiviso dalla gente arrabbiata. È un simpatico arruffapopolo e non cambierà mai. di Alessandro Di Battista
